La pandemia covid ha reso necessari contributi statali anche per le scuole paritarie, giustamente motivati da spese contingenti e impreviste, dall’interruzione parziale dei pagamenti delle rette, dal possibile calo di iscritti e conseguenti rischi di chiusure di scuole.
Cei, Cism e Uspi ad aprile lanciarono l’allarme per la possibile chiusura del 30% delle scuole paritarie (v. Scuole paritarie: Cism e Usmi, “il 30% destinato alla chiusura senza un intervento serio dello Stato”) – cioè ben 4.000 scuole sul totale di 12.000! – e, con questa previsione esagerata e catastrofica diffusa, amplificata, anzi gridata sui social, il risultato è stato che i fondi per le paritarie sono stati raddoppiati ben due volte (cioè quadruplicati) durante l’iter del Decreto Rilancio: prima da 75 a 150 mln a maggio, poi da 150 a 300 mln a luglio; mentre la scuola statale – senza rette non onorate, ma dieci volte più numerosa come iscritti – ha avuto 1,3 mld (v. “Decreto Rilancio: stanziati oltre 1,6 miliardi per il ritorno in classe”).
In questi giorni, ad a.s. già iniziato, si sta verificando il bluff annunciato (v.Il bluff delle 4.000 scuole paritarie che rischiano di chiudere) delle 4.000 scuole a rischio chiusura; ne risultano infatti chiuse o a rischio appena 100, pari allo 0.08% delle 12.000 totali e a meno dello 0,03% delle 4.000 (v. Noisiamoinvisibili.it)!
Da notare che la chiusura attuale delle paritarie risulta a) in linea con quelle degli ultimi sei a.s. (2013-14: -222; 2014-15: -127; 2015-16: – 231; 2016-17: – 301; 2017-18: – 344; 2018-19: – 85), e b) coerente con il calo di 137 mila nascite nel decennio 2008-2018. Infine alle 100 paritarie chiuse o a rischio chiusura corrispondono solo 3.800 alunni!
Perciò (100 chiuse invece di 4.000) qualcuno dovrebbe ammettere l’errore grossolano (o l’inganno?) commesso e scusarsi, invece questo qualcuno si sta forse compiacendo del risultato ottenuto (i 300 mln) e già pensa di ripetere il giochetto (v. “Paritarie: è strage. Quest’anno 4.000 chiuderanno”).
In proposito, qualche considerazione può essere utile. Se la pandemia non ha affatto ridotto le iscrizioni alle paritarie, ciò può essere dovuto al fatto che i contributi statali sono stati sufficienti, o che le famiglie che le scelgono risultano in condizione economica adeguata (abbienti o quasi ricchi), oppure al fatto che sono comunque costrette a scegliere le paritarie per reale mancanza di alternative.
Ancora da notare che sia l’articolo di Giuseppe Adernò (v. Mascherine e sussidi anche alle scuole paritarie) , sia quello – appena citato – che rinnovella e ripropone la strage e anche altri recenti sui social considerano i 300 mln del Decreto Rilancio, concessi o conquistati per situazione contingente, come trailer alla annosa e strategica pretesa o richiesta del “costo standard per allievo”, qualcosa come 6 miliardi/anno, in palese deroga e violazione dell’art. 33, Cost. Propongono non solo locali ma anche “offerta formativa” La richiesta del costo standard è ben congegnata e tempestiva; il collante, il ponte tra soluzione contingente e quella strategica dovrebbe essere costituito dai “patti educativi”.
Infatti possiamo leggere nei documenti delle stesse paritarie:
1) “Patti educativi di comunità tra scuole statali e paritarie, dove alle famiglie sia assicurata la possibilità di scegliere la scuola paritaria ritenuta più sicura per il figlio, senza dover pagare rette aggiuntive, attraverso una quota capitaria, che abbia come tetto massimo il costo medio studente o il costo standard di sostenibilità per allievo” (v. Patti educativi territoriali: un appello perché vengano sottoscritti al più presto).
2) “i patti educativi, stipulati tra scuole pubbliche statali e scuole pubbliche paritarie sono propedeutici ad un sistema scolastico integrato, equo, pluralista, di qualità” (v. Cosa succede se la scuola non riparte).
3) “ …. patti educativi con le scuole paritarie disponibili a mettere a disposizione spazi e offerta formativa” (v. Scuole paritarie: Cism e Usmi, “disponibili ad agire in cordata per la ripartenza” attraverso “patti educativi” con le statali).
Proporre “offerta formativa” e “sistema integrato” significa concretamente voler provare a scippare alunni alla scuola statale, riducendone di conseguenza il personale docente e ata! “Bel risultato”.
In questo modo la Costituzione vigente – in particolare l’art. 33 – verrebbe letta, interpretata e applicata semplicemente capovolta.
Vincenzo Pascuzzi