Continua la polemica dopo la sentenza della Corte di Cassazione che ha stabilito che due scuole cattoliche di Livorno dovranno pagare gli arretrati di Ici/Imu per gli anni dal 2004 al 2009.
Infatti secondo la Corte le scuole religiose sono attività di carattere commerciale e non possono godere dell’esenzione dell’Ici. La Cassazione ha accolto così il ricorso del Comune di Livorno che aveva impugnato una decisione opposta della Commissione tributaria della Toscana.
La norma, questo il ragionamento dei giudici della Cassazione, prevede che l’esenzione sia ‘limitata all’ipotesi in cui gli immobili siano destinati in via esclusiva allo svolgimento di una delle attività di religione e di culto individuate dalla legge del 1985’.
Il governo, per bocca del sottosegretario Claudio De Vincenti, annuncia che ci sarà ‘un chiarimento’. L’esecutivo è pronto a inserirla nella prossima legge di Stabilità o a scrivere un decreto per sancire che le scuole paritarie non devono pagare Ici/Imu/Tasi. Paritarie, cioè quelle che svolgono la funzione della scuola pubblica (come tante materne).
Ma ormai la questione è divampata con la Cei, la conferenza dei vescovi, scatenata contro la pronuncia che rischia di fare chiudere le più di 13 mila scuole paritarie presenti sul territorio italiano.
UN PO’ DI STORIA
Una storia che inizia più di dieci anni fa quando un’altra sentenza della Corte di Cassazione, su ricorso del Comune di L’Aquila, condannò un istituto religioso a pagare l’imposta perché nel loro istituto ospitavano a pagamento anziani e studentesse. Nel 2005 il governo Berlusconi decise l’esenzione dall’Ici per gli immobili di proprietà ecclesiastica in cui si svolgevano attività anche commerciali, purché ‘connesse a finalità di religione o di culto’.
Poi arrivò la modifica del governo Prodi, nel 2006, l’esenzione riguardava gli immobili destinati al culto e allo svolgimento di attività assistenziali, didattiche, sanitarie, sportive e ricettive purché non avessero “«esclusivamente” natura commerciale.
Le situazioni limite furono sanate, ma i margini restavano ampi. I Radicali presentarono diversi ricorsi all’Europa, sostenendo che le esenzioni si configuravano come illegittimi aiuti di Stato, accolti sia da Bruxelles sia dalla Corte di giustizia di Strasburgo, che lo scorso anno censurò la Commissione proprio perché non impose il pagamento delle cifre non versate.
I NUMERI
Ma quante sono e soprattutto quanto costano le scuole paritarie? Gli istituti sono frequentati da circa un milione di studenti in oltre 13 mila scuole in tutta Italia (praticamente il 10%); tra queste sono cattoliche il 63%. Sono soprattutto i più piccoli a frequentare una scuola non statale: sono infatti quasi 10mila gli asili, il 71% della complessiva galassia delle paritarie.
Le scuole paritarie vengono così definite perchè non sono amministrate dallo Stato e hanno una libertà di scelta su materie e insegnanti. In Italia, secondo la legge n° 62 del 2000, le scuole paritarie vanno considerate sullo stesso piano delle scuole pubbliche.
Non sono, però, solo istituti religiosi, anche se il nome spesso inganna: in centinaia di casi l’istituto scolastico, fondata da un ordine religioso, viene nel tempo rilevata da cooperative e fondazioni laiche, spesso formate da genitori o professori.
Oltre alle scuole paritarie, in Italia, giova ricordare, ci sono anche gli istituti privati (sono 700) che non hanno questo riconoscimento e che dunque non possono rilasciare attestati o diplomi validi. L’unica via per gli alunni che frequentano queste scuole è quella di presentarsi agli esami pubblici da ‘privatisti’. E tutte devono pagare le tasse sugli immobili.
La scuola paritaria è invece inserita a tutti gli effetti nel sistema nazionale di istruzione e garantisce l’equiparazione dei diritti e dei doveri degli studenti, le medesime modalità di svolgimento degli esami di Stato, l’assolvimento dell’obbligo di istruzione, l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale. In altri termini le scuole paritarie svolgono un servizio pubblico.
Nel dettaglio, le scuole paritarie attive nel territorio nazionale nell’anno scolastico 2013/2014 erano 13.625, il 71,8% dell’infanzia, l’11% della primaria, il 5% della secondaria di primo grado, il 12,3% della secondaria di secondo grado.
Mentre per i primi cicli di istruzione (asili, elementari e medie) c’è una netta prevalenza di istituti che fanno riferimento a ordini religiosi cattolici, dai Gesuiti alle Orsoline, per fare alcuni esempi, per la scuola secondaria di secondo grado, quelle che comunemente si chiamano le ‘superiori’, il rapporto si ribalta.
Su 1.710 istituti, 656 sono cattolici e 1.054 rispondono genericamente alla classificazione ‘altre scuole’. E dunque gli istituti laici in questa fascia di istruzione superano il 60% del totale.
I DIPENDENTI E LE TASSE DA PAGARE
Quanti sono i dipendenti? Secondo quanto scrive il ‘Corriere della Sera’ sono tra i 70 mila e i 100 mila i dipendenti diretti, tra professori e personale Ata. Tutti in regola e senza agevolazioni. Pertanto si pagano i contributi: l’Inps al 33% e l’Irap al 4,25% sul costo del lavoro. Le paritarie pagano anche Tares, Iva, che varia dal 4 al 20%, su tutti gli acquisti, mentre l’Irpef viene pagata a scaglioni, oltre ad addizionali regionali. Per la Tasi è prevista l’esenzione totale per le scuole paritarie che chiedono una retta annuale non superiore a 5.739 euro (scuole per l’infanzia), 6.634 euro (primarie), 6.836 euro (medie) e 6.914 euro (superiori).
Cosa differenzia gli istituti paritari da quelli statali per quanto riguarda i docenti? L’unica differenza risiede nel fatto che non ci sono vincoli concorsuali per l’assorbimento degli insegnanti. Infatti i 30 mila docenti inseriti nelle graduatorie sono gli stessi inseriti nelle graduatorie che con il piano assunzioni previsto dalla legge n.107 svuoteranno le aule delle paritarie per affollare quelle delle statali.
LO STATO PER LE PARITARIE
E cosa fa lo Stato per gli istituti paritari? Nella riforma della scuola appena approvata è stato introdotto l’introduzione di uno sgravio fiscale per le famiglie che mandano i propri figli alle paritarie. Nel dettaglio si tratta del comma 151 e si tratta di una detrazione Irpef per un importo annuo non superiore a 400 euro per studente, per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione, nonchè delle scuole paritarie e statali del secondo ciclo di istruzione
Il contributo che le paritarie ricevono dallo Stato ammonta a 471 milioni all’anno: una cifra vicina ai 550 fino al 2008. Per ogni studente delle paritarie, lo Stato spende dai 600 euro (per i bambini delle scuole dell’infanzia) ai 50 (per gli studenti delle superiori). E sono previsti aiuti anche dalle singole regioni come Lombardia e Veneto (con la stipula di alcune convenzioni).
Secondo la Cei (e anche secondo il ministro Giannini) lo Stato, a fronte di quasi 500 milioni di contributi, ne risparmia 6 miliardi. Il costo medio di uno studente per lo Stato, in base agli ultimi dati del ministero dell’Economia (2014) è di 6.800 euro annui, a fronte di 500 euro per la scuola paritaria. Vero, ma questo è possibile grazie e soprattutto alle famiglie che pagano un servizio con le rette annuali. Il costo per studente arriverebbe, comunque, a 2-3mila euro annui sempre meno di quello previsto per le scuole statali.
E se chiudessero le scuole paritarie, soprattutto le materne, quanto costerebbe ai Comuni? Circa 150 milioni. Una cifra elevata per le casse dissestate degli enti locali.
NUMERO DI SCUOLE PARITARIE IN ITALIA
FONDI DESTINATI ALLE SCUOLE
FONTE Corriere della Sera, domenica 26 luglio 2015
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