Il convegno “Educare per il domani” – Todi del 15 e 16 settembre scorso, promosso da “Articolo 26” – è servito come (possibile, auspicata) ripartenza per la “madre di tutte le battaglie”, che è l’iniziativa politico-mediatica finalizzata a promuovere prima e conseguire poi la c.d. parità completa, cioè il finanziamento totale delle scuole private paritarie cattoliche da parte dello Stato Italiano, aggirando il “senza oneri per lo Stato” dell’art. 33, c. 3, Cost.
Todi, piccolo comune in provincia di Perugia, risulta periferico e mal collegato, anche se è una delle sei località che rivendicano di essere il centro geografico d’Italia. Ciò ha determinato la riuscita modesta (quasi flop) del convegno, come sembra di leggere fra le righe della nota emessa – lunedì, 17.9.2018 – dal “Popolo della Famiglia”.
L’immagine mediatica del Convegno è stata recuperata successivamente – giovedì, 20.9.2018, su AgenSIR – da un articolo di don Giorgio Zucchelli.
L’articolo “Una scuola per tutti: il costo standard di sostenibilità” esplicita il vero scopo del Convegno. Ne parleremo più avanti collegandolo all’intervista esclusiva dello stesso Zucchelli alla allora ministra Valeria Fedeli, in data 7.10.2017, presso l’Istituto Marcelline di via Quadronno a Milano.
Il termine collasso (o anche tracollo) riferito alla scuola statale e imputato ai maggiori costi (non meglio specificati) viene usato da appartenenti al “gruppo di pressione pro-paritarie” come diagnosi da affrontare con l’adozione della terapia del costo standard per tutte le scuole (quindi incluse le paritarie) e per tutti gli alunni. Però stranamente la terapia precede la diagnosi, che perciò deve adattarsi ad essa! La terapia costo standard indurrebbe risparmi per lo Stato, ma non è chiaro come e quanti: bisogna fidarsi? Oppure conviene verificare e controllare?
Ora nessuno può affermare che la scuola statale sia in buona salute e che funzioni regolarmente con soddisfazione di tutti. La scuola ha gravi problemi che sono anche economici.
Per l’istruzione l’Italia spende troppo poco rispetto alle medie dei paesi UE: solo il 4% del Pil, corrispondente a 65,1 mld di euro, mentre la media UE è pari al 4,9% del Pil, e occorrerebbero + 15 mld per allinearsi.
I problemi maggiori della statale sono forse quelli organizzativi e burocratici: vedere il caos ricorrente a ogni inizio di a.s., i concorsi che non si fanno o durano troppo, le reggenze dei presidi, e poi i problemi e le questioni didattiche e disciplinari, e ancora gli edifici scolastici non a norma, i crolli di controsoffitti e di finestre ….
Al riguardo, non sono da prendere sul serio le dichiarazioni di Bussetti nell’intervista alla Nuova Sardegna (22.9.2018) riprese anche nella sua pagina Facebook: “La salute della nostra scuola è buona. Ma dobbiamo puntare a renderla ottima. Intervenendo sui punti di debolezza del sistema e potenziando quelli di forza”(sic!).
Veniamo al (presunto, in parte vero) collasso della scuola paritaria. Lo segnalano, da anni, alcuni gestori e sostenitori della stessa paritaria.
Il collasso paventato è di tipo economico, i costi superano i ricavi (cioè le rette, che sono mantenute basse per motivi politici?) e riguarda in prevalenza le scuole cattoliche dell’infanzia, gestite e portate avanti da suore, alcune delle quali rinunciano alla retribuzione e prestano attività di volontariato (situazione che appare impropria, assurda, forse illegale anche se contemplata dalla l. 62/2000).
Queste scuole rappresentano circa i 2/3 delle paritarie cattoliche, risultano complementari alle statali (o comunali) che sono insufficienti e non possono soddisfare tutte le richieste. L’iscrizione a queste scuole non avviene solo per scelta, ma soprattutto per necessità.
I numeri nel 2017. Le paritarie per l’infanzia sono 6.101 e risultano pari al 73,3% delle 8.322 scuole paritarie cattoliche; gli alunni sono 368.356, costituiscono il 60,2% dei 611.628 iscritti alle paritarie cattoliche. Mentre gli iscritti alle statali per l’infanzia, nel 2018, sono 919.091.
C’è da ribadire che questa situazione di (presunto, in parte vero) collasso, lamentata e gridata anche come crisi inarrestabile o rischio di estinzione, è conseguenza, come già detto, di libere scelte delle politiche economiche e tariffarie. Le scuole paritarie non sono costrette a praticare prezzi bassi, né a proseguire attività in perdita. Potrebbero scegliere di adeguare le rette ai costi, dopo tutto sono strutture di tipo privato. Lo Stato è invece tenuto, in base alla Costituzione, a istituire ”scuole statali per tutti gli ordini e gradi”.
Diversa è invece la condizione dell’altro terzo delle paritarie (2.221 scuole tra primarie e secondarie con 243.272 alunni). Queste vengono sì scelte e preferite alle statali dalle famiglie, per vari motivi. Praticano rette di frequenza maggiori, alcune offrono anzi propongono attività curricolari integrative, attività extra curricolari, corsi di lingue, attività sportive, musica, cinema e teatro, soggiorni estivi e all’estero: sono insomma scuole d’élite, quasi esclusive, per chi se le può permettere.
Avvenne lo scorso ottobre (7.10.2017) presso l’Istituto Marcelline di Milano in occasione di un convegno. (Di questo convegno esistono alcune foto interessanti, in cui compaiono insieme don Zucchelli, la ministra Fedeli, Marco Bussetti allora provveditore di Milano, la ben nota e attivissima suor Anna Monia Alfieri).
Le domande riguardavano il finanziamento statale alle scuole paritarie. Il momento era particolare e critico. Legislatura in scadenza, elezioni in vista, Pd in difficoltà se non in crisi dopo l’esito disastroso del referendum costituzionale: questo dalla parte politica. Dalla parte del “gruppo di pressione pro-paritarie”: timori e preoccupazioni che potesse fallire, restare senza l’esito perseguito, la massiccia e insistente azione politica, mediatica e promozionale volta a inserire a pieno titolo le scuole paritarie fra le voci di spesa del bilancio statale, cioè finanziate al 100%, la c.d. parità completa.
L’azione promozionale delle paritarie si era svolta intensa durante i quasi tre anni di Stefania Giannini ministro e durante il successivo quasi anno di Valeria Fedeli. L’obiettivo dichiarato era il costo standard, o voucher, o quota capitaria, o cachet, esteso a tutti gli studenti sia delle statali che delle paritarie. Quindi un saggio/pamphet confezionato ad hoc, ecc., ma qui non serve ricostruire tutto l’iter della vicenda dai primi mesi 2014 fino a fine 2017. Notiamo solamente che forse Giannini era, rispetto a Fedeli ex-Cgil, più convinta e possibilista rispetto all’obiettivo (“Intervista al ministro Giannini: tempi maturi per parità e costo standard” / 3 luglio 2014) e si era nella fase politica ancora ascendente per Renzi.
Le domande di Zucchelli a Fedeli furono puntuali, precise, volte a stanare il ministro e magari a ottenere qualche suo impegno preciso. Le domande riguardavano quelli che sono gli argomenti e le lamentele ricorrenti delle paritarie, cioè: i genitori che pagano due volte le tasse, le scuole statali che sottraggono insegnanti alle paritarie, il reclutamento residuale dei docenti, la libertà di scelta della scuola da parte dei genitori, (ovviamente) il salvifico costo standard.
Abilmente Fedeli rispose respingendo alcune affermazioni, senza prendere alcun impegno tranne quello di approfondire l’ipotesi costo standard con un gruppo di lavoro dedicato ad esso. Impegno mantenuto il mese successivo, sia pure solo formalmente.
Il gruppo di lavoro si riunì una sola volta, il 20.12.2017, poi scomparve dal radar. È vero che la ministra era in scadenza o dimissionaria, ma il gruppo aveva obiettivi tecnici che potevano essere sviluppati e conseguiti pur con il Miur in ordinaria amministrazione, invece nulla ed è passato quasi un anno. Ciò non ostante il costo standard proposto o ri-proposto viene presentato come se avesse superato verifiche e controlli e fosse stato dichiarato abile e arruolato!
Abbiamo detto che allora il momento – ottobre/novembre 2017 – era particolare e critico e appariva favorevole alle richieste delle paritarie. Vediamo cosa accadde, anzi non accadde.
“Il costo standard sembrava prossimo alla realizzazione. Tanto che perfino i vertici della Cei si erano esposti ed impegnati in prima persona. Dapprima mons. Nunzio Galantino, Segr. Gen. Cei, incontrava la ministra Fedeli, ricevendone attenzione e considerazione; era il 24 ottobre 2017, presso la Sala del Cenacolo della Camera dei Deputati (?!) in occasione della presentazione del 19° Rapporto sulla Scuola Cattolica elaborato dal CSSC e titolato – appunto – ”Il Valore della parità”.
Appena un mese dopo, il 26 novembre 2017, in occasione del Festival della Dottrina Sociale della Chiesa al Cattolica Center di Verona, la ministra Fedeli incontrava il Presidente della Cei, card. Gualtiero Bassetti, e annunciava “la costituzione del gruppo di lavoro che dovrà definire il costo standard, perché dopo 17 anni (dalla l. 62/2000) è venuto il momento di iniziare a fare sul serio (?!) sul pluralismo formativo”.
Il varo del costo standard (forse con un emendamento al Dpef, un’ordinanza o decreto del Miur?) sembrava questione di settimane, al più di un paio di mesi, invece la costituzione del gruppo di lavoro appare ora per quello che è in realtà: un espediente dilatorio adottato in extremis dal Miur per sfuggire (con abilità ed eleganza?) alle insistenze pressanti delle scuole paritarie e dei vescovi.
Quella che il gruppo di pressione pro-paritarie aveva battezzato come “la madre di tutte le battaglie” vede una tregua imposta e riprenderà forse fra sei mesi con altri protagonisti al governo e al Miur.”
Questo stralcio è tratto da “Scuole paritarie. Il costo standard sembrava cosa fatta invece …. “, 27.2.2018
Questo articolo (“Una scuola per tutti: il costo standard di sostenibilità”, AgenSIR, 20.9.2018) dovrebbe forse servire a riannodare il filo dell’azione mediatica e di marketing per la conquista del costo standard. Gli argomenti a sostegno sono pari pari gli stessi usati più volte dalle scuole paritarie. Gli stessi prospettati nell’intervista a Fedeli e da questa tutti dribblati o respinti agevolmente e senza equivoci.
Manca la lamentela che le paritarie perdono iscritti e chiudono numerose a causa della mancanza di finanziamenti statali. È stata recepita – sembra – l’osservazione documentata che il calo di iscritti delle paritarie è in linea con il corrispondente calo di iscritti delle statali, tanto che le rispettive percentuali di alunni sono sostanzialmente immutate (poco più del 10% le paritarie, poco meno del 90% le statali). Le paritarie che chiudono appaiono numerose perché mediamente esse accolgono pochi iscritti: appena 60,4 alunni in media per ciascuna scuola dell’infanzia! Risentono prima del calo demografico perché – come visto – per i 2/3 sono collocate nel settore infanzia.
Altro argomento a sostegno è che “L’adozione del costo standard di sostenibilità per allievo farebbe subito risparmiare allo Stato più di un milione di Euro ….”. Forse Zucchelli, che non indica la fonte della cifra, è incorso in una svista grossolana. All’inizio, nel 2014, il risparmio prospettato era pari a “17 miliardi di euro (diciassette)”, poi via via ridottisi a 2 o 3 sempre miliardi, perché ora un solo milione?! Poi c’è la decorrenza immediata – “subito” – del risparmio che viene realisticamente dubitata da Luigi Corbella “nel passaggio secco dal sistema di finanziamento attuale ad un modello, per esempio a voucher, basato sul costo standard, il costo complessivo a carico della fiscalità in prima battuta aumenterebbe” (v. “Scuola pubblica e privata, la teoria del costo standard”, 21.4.2018) . Perciò bisogna verificare e rifare i conti.
Riguardo alla preoccupazione che “il povero non può scegliere la buona scuola pubblica, statale o paritaria, per il proprio figlio”, due osservazioni. La prima è che pur nella ipotesi più ottimistica, il costo standard lascerebbe sempre a carico delle famiglie una quota della retta di frequenza (in Francia, 700 euro nel 2016). La seconda osservazione è che alcune paritarie propongono attività extra, ovviamente a pagamento, la famiglia povera non potrebbe affrontare spese e il “figlio del povero” resterebbe emarginato.
In altre parole, il costo standard emarginerebbe ancora di più il povero-povero.
Riferisce ancora Zucchelli.“Un sano pluralismo porterebbe a un aumento della qualità dell’offerta scolastica”. Il riferimento è alla mitizzata concorrenza fra scuole. Ma questa è solo una speranza, un’illusione, un auspicio, niente di certo.
Possiamo leggere infatti su tempi.it che addirittura “Tra scuole paritarie vige spesso una logica di concorrenza spietata e non di collaborazione o di rete per difesa di piccoli orticelli (la Brianza è un ottimo esempio) che certamente nel lungo periodo non ha giovato alla costruzione di realtà solide e attrattive”.
Conviene chiedersi e riflettere su chi sono i mittenti e i destinatari delle richieste delle scuole paritarie. Articoli e convegni a favore della parità completa (cioè finanziamenti totali a carico dello Stato Italiano per istituti che pure sono tenuti a seguire le indicazioni delle Autorità Ecclesiastiche, cioè dello Stato Vaticano) sono opera del c.d.”gruppo di pressione pro-paritarie”, gruppo virtuale composto da gestori delle paritarie, parroci e vescovi, Cei con le sue strutture, alcuni politici e organizzazioni di cdx concretamente interessati ai voti di preferenza, politici e imprenditori interessati a regionalizzare e privatizzare le scuole e che probabilmente intendono usare le paritarie per creare brecce e precedenti. Le famiglie, che pure sarebbero le dirette interessate, non compaiono in prima fila, risultano defilate, emarginate, non interessate o perché non credono negli obiettivi o perché non hanno problemi a pagare le rette.
I destinatari sono in apparenza, o in prima battuta, l’opinione pubblica e i vari commentatori di vicende scolastiche perché coinvolti nelle stesse direttamente o indirettamente. Ma i veri destinatari devono essere i c.d. decisori politici, i partiti, il governo, anche l’opposizione e i sindacati che però e purtroppo si sono marginalizzati, hanno smarrito il loro ruolo.
Chi ha una formazione scientifica o tecnica (matematici, fisici, chimici, architetti, ingegneri, ….) sa bene il significato di termini come “condizioni al contorno” e “vincoli esterni”. Anche nelle questioni in discussione, che sono di tipo legale, legislativo, economico devono esistere cornici e ambiti che delimitano e condizionano ragionamenti e soluzioni.
Per le scuole paritarie, c’è chi intende come cornice la Costituzione e le leggi vigenti, inclusa la l. 62/2000. In questa cornice il c.d. costo standard non può avere cittadinanza, non può essere la soluzione per le scuole paritarie, né può essere un escamotage.
Invece per il “gruppo di pressione pro-paritarie”, il riferimento o la cornice sono più ampi ed estesi, sono costituiti anche da A) e B) che seguono:
A) Dichiarazione Universale dei Diritti Umani(Parigi, 10 dicembre 1948)
Art. 26 – Diritto all’istruzione
1 – Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito.
2 – L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace.
3 – I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli.
B) Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo( Roma, 4 novembre 1950)
Articolo 2 Protocollo 1
Il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno. Lo Stato, nell’esercizio delle funzioni che assume nel campo dell’educazione e dell’insegnamento, deve rispettare il diritto dei genitori di provvedere a tale educazione e a tale insegnamento secondo le loro convinzioni religiose e filosofiche.
La Dichiarazione Universale e la Convenzione Europea sono certamente valide, virtuose, esemplari ma non possono essere invocate o usate direttamente da cittadini o da loro organizzazioni per pretendere, esigere – sia chiaro: non invocare o proporre! – adempimenti tipo quelli chiesti dalle paritarie.
Più chiaramente né la Dichiarazione Universale, né la Convenzione Europea prevedono o contemplano costi standard in moneta da erogare ai singoli cittadini! E poi di quale entità o importo?
Non tutti sanno che il 24 marzo 2018, è stata presentata dai deputati della Lega: Comaroli, Molteni, Fedriga, Grimoldi, Bianchi, Andrea Crippa, Maturi, Molinari la proposta di legge costituzionale n. 354 volta alla modifica dell’art. 33, c. 3 della Costituzione mediante la soppressione delle parole «, senza oneri per lo Stato».
Ciò costituisce conferma indiretta della incerta costituzionalità dell’ipotesi costo standard.
Vincenzo Pascuzzi
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