Leggendo attentamente fra le righe dell’articolo “La scuola e la scelta educativa: lo Stato non rispetta genitori e docenti” (1) si possono fare scoperte interessanti e formulare ipotesi inquietanti.
Estraiamo dall’articolo alcune frasi significative e poi cerchiamo di collegarle:
1) “può esercitare il proprio diritto di scelta educativa solo il genitore che si trova in condizioni economiche tali da consentirgli di pagare la retta richiesta”;
2) “le scuole pubbliche (*) paritarie …. cercano in tutti i modi possibili sia di tenere le rette ad una cifra contenuta sia …., per consentire anche ai meno facoltosi l’accesso a scuola. Ovviamente con sforzi enormi ….”;
3) “il docente della scuola pubblica statale riceve infatti uno stipendio superiore rispetto al collega della scuola pubblica paritaria”;
4) “il docente della scuola paritaria può benissimo rassegnare le dimissioni quando è chiamato in ruolo nello Stato e percepire un salario maggiore. E’ vero, nella maggioranza dei casi le cose vanno a finire così”.
Diamo atto che le tre frasi affermano il vero e sono perciò condivise, a parte l’aggettivo “pubbliche” asteriscato.
Cosa si può leggere fra le righe?
La prima osservazione è che le scuole paritarie si dichiarano virtuose e generose: risparmiano, tengono le rette basse e così agevolano i “meno facoltosi”. Mettono in mostra anche le loro virtù e generosità in modo che siano riconosciute e apprezzate. Bene.
Seconda osservazione: solo i genitori in condizioni economiche adeguate o facoltosi, abbienti, o quasi-ricchi e anche i ricchi possono mandare i figli alle paritarie. Questo è un fatto.
La terza osservazione è che i docenti delle paritarie sono pagati ancora peggio dei docenti statali, che pure ricevono retribuzioni misere e vergognose (sono la nuova classe povera), e per questo migrano volentieri nei ruoli dello Stato lasciando sguarnite le paritarie. Inoltre da dati parziali elaborati da CSSC-CEI (2) (3) si ricava che solo i 2/3, il 66,6% dei docenti delle paritarie sono a tempo indeterminato e meno dei 2/3, il 57,9% sono a tempo pieno. Precarietà e part-time sono ragionevolmente concause delle migrazioni verso le statali appena possibile e della minore qualità media del servizio rispetto a quello statale (nonostante tutto).
Infine, la quarta osservazione che si può leggere fra le righe è che le paritarie funzionano un po’ come un Robin Hood al contrario. Nel senso che pagano poco – meno delle statali – i loro docenti e forniscono un servizio alle famiglie che possono permetterselo e che quasi sicuramente percepiscono redditi superiori a quelli dei docenti. Di più, si potrebbe verificare la situazione paradossale di docenti delle paritarie che non possono permettersi di iscrivere i propri figli alle stesse scuole dove insegnano!
Considerazioni e conclusioni forse sgradite per alcuni ma fondate su fatti, dati numerici e affiancamento di notizie vere.
Nota. Esplicitiamo che quanto scritto non va riferito anche alle scuole paritarie “scelte” per forza dalle famiglie a causa della mancanza di scuole statali corrispondenti, cioè per la mancata istituzione da parte dello Stato di “scuole statali per tutti gli ordini e gradi” (art. 33, 1° c., Cost.). Circa un terzo delle scuole per l’infanza si trova in questa situazione.
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(*) Veniamo all’aggettivo “pubbliche” riferito alle paritarie. Per errore o per furbizia, le paritarie negano o nascondono di essere private, si spacciano come scuole pubbliche e cercano di accreditarsi come tali presso l’opinione pubblica, ma non è così. Nei loro documenti, spesso leggiamo di “scuole pubbliche paritarie” e “sistema pubblico di scuole statali e paritarie”. Nella l. 62/2000, le due espressioni sopra riportate tra virgolette non appaiono mai, né mai l’aggettivo pubblico è unito o riferito a paritarie. Appaiono invece le espressioni: “Il sistema nazionale di istruzione …. è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali” e “Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico” (unica e sola volta in cui appare l’aggettivo “pubblico” nella citata l. 62). Nessuna specificazione sul significato di “sistema”, né di sue eventuali implicazioni. Insomma dal …. non essere pubblico non può derivare diritto a finanziamenti.
NOTE
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(1) La scuola e la scelta educativa: lo Stato non rispetta genitori e docenti
https://www.tecnicadellascuola.it/la-scuola-la-scelta-educativa-lo-non-rispetta-genitori-docenti
(2) L a scuola cattolica in cifre Anno 2016/2017
(3) Centro Studi per la Scuola Cattolica della Conferenza Episcopale Italiana – XIX Rapporto
Vincenzo Pascuzzi