Riprende in sordina (o forse in realtà non si è mai interrotta) l’azione promozionale e di marketing politico-sociale del gruppo di pressione pro-paritarie.
L’obbiettivo è sempre lo stesso: ottenere l’equiparazione anche economica fra scuole paritarie e scuole statali, cioè una “effettiva libertà di accesso alla scuola paritaria” a spese dello Stato, che è sì una aspirazione comprensibile ma attualmente non è prevista – anzi è esplicitamente vietata – dalla Costituzione e dalle leggi vigenti. Da notare che il gruppo di pressione detto dà per scontato che questo divieto non esista, o sia agevolmente aggirabile con una semplice triangolazione Stato-famiglie-scuole paritarie tramite l’escamotage del c.d. costo standard, o voucher, o quota capitaria, o cachet!
Recentemente sul sito Tecnica della Scuola, sono apparsi altri due articoli pro-paritarie. Il primo è del 3 aprile “La profonda crisi delle relazioni sociali sfoga i suoi effetti sulla scuola”, della suora neretina Anna Monia Alfieri, prende spunto da recenti aggressioni di docenti da parte di studenti per poi ripetere argomentazioni ben note, reiterate in numerosi suoi articoli, non tutte condivisibili, convincenti o sostenute con reali e solide fondamenta.
Tipo: “il sacrosanto diritto al pluralismo educativo” e “la libertà di scelta educativa” che già esistono ma non sono (purtroppo/ancora) a carico dello Stato; insistere con l’attribuire impropriamente l’aggettivo pubblico alle scuole private paritarie, suggerendo che perciò queste debbano essere a carico dello Stato (potrà pure accadere in futuro, ma al momento non è così!); terzo esempio: è irreale, non vero sostenere che “con il costo standard, la spesa aggiuntiva per ogni alunno, di ogni scuola pubblica, statale e paritaria, sarebbe pari a zero”, quando Agesc ha calcolato che invece servirebbero 6 miliardi di euro/anno (*), a meno di introdurre un impensabile ticket scolastico di circa 1.700 euro/anno all’80% degli studenti delle scuole statali!
L’altro articolo più recente “Scuola pubblica e privata, la teoria del costo standard“ è di Luigi Corbella e datato 21 aprile. Nel titolo appare e colpisce il termine “teoria” accostato a “costo standard” e che va inteso come “idea nata in base ad una qualche ipotesi, congettura, speculazione o supposizione, anche astratte rispetto alla realtà”, mentre finora (il costo standard) era stato riportato ed inteso come certa, sicura e salvifica soluzione delle richieste delle scuole paritarie e con vantaggi collaterali per le scuole statali. Giustamente Luigi Corbella non cade nell’errore (o nell’astuzia?) di indicare come pubbliche le scuole private paritarie cattoliche.
Dall’articolo traspaiono dubbi, incertezze e perplessità sulla effettiva validità e realizzabilità dell’adozione del costo standard per le scuole statali e private. Significativa la frase “è chiaro che nel passaggio secco dal sistema di finanziamento attuale ad un modello, per esempio a voucher, basato sul costo standard, il costo complessivo a carico della fiscalità in prima battuta aumenterebbe”.
Più avanti si cerca di giustificare l’adozione del costo standard con presunti e ipotetici vantaggi futuri ed aleatori (non quantificabili), frutto di virtuose concorrenze fra scuole (!) e di consistenti risparmi economici; ciò non convince affatto e appare come una scommessa rischiosa e non reversibile (ovvero micidiale se no riesce) a carico delle finanze statali e dell’organizzazione delle scuole! Non viene preso in considerazione, ma trascurato e ignorato del tutto l’aggravio pesante e insostenibile di adempimenti organizzativi e burocratici che ricadrebbe inevitabilmente sulle già oberate scuole statali, sui presidi e sui Dsga!
Entrambi gli articoli citati confidano sui vantaggi indotti della concorrenza fra le scuole e fra scuole statali e paritarie; vantaggi sperati, presunti, non indicati né in termini qualitativi, tanto meno quantitativi! Si dimentica che le paritarie rispetto alle statali sono circa nel rapporto 1 a 7 (o 12% a 88%), quindi mediamente 6 statali su 7 non avrebbero termine di confronto privato! Si dimentica anche che per molte paritarie dell’infanzia non esiste termine di paragone con le equivalenti statali o comunali perché sono localmente in situazione di monopolio!
Conviene accennare a un altro aspetto, marginalizzato e lasciato in ombra, e che riguarda “l’offerta formativa, unica e conforme agli stessi ordinamenti generali, (che) può essere erogata o da istituzioni statali o da istituzioni paritarie”: si dà per scontato che le paritarie svolgano lo stresso servizio pubblico delle statali, ciò richiederebbe continui ed adeguati controlli, ma sembra che non sia così. Esistono dubbi!
Infine, last but not least, ricordiamo il “gruppo di lavoro sul costo standard dell’alunno” affidato da Valeria Fedeli alla presidenza di Luigi Berlinguer. Costituito a novembre, risulta che si sia riunito una sola volta il 20 dicembre e poi non più, si rafforza il sospetto che sia stato un espediente della ministra uscente per dare un contentino alla paritarie e alla Cei, coinvolta ed espostasi con le massime cariche (pres. card. Gualtiero Bassetti e segr. gen. mons. Nunzio Galantino).
(*) più o meno equivalente al costo stimato del mitico ponte sullo stretto di Messina!
Vincenzo Pascuzzi