In questi giorni tutti hanno “ricette” (magari agli antipodi l’una dall’altra) su quando e come riaprire le scuole, se non addirittura “pozioni magiche” che prevedono un miscuglio di tante cose. E si sa, quando le cose sono troppe (peraltro spesso sbagliate!) rimangono “nel libro dei sogni” o peggio complicano la vita, purtroppo quasi sempre non dei “soloni” che le hanno proposte ma di chi deve eseguirle.
Io ne ho una semplice: iniziare le lezioni in presenza il 1° ottobre (allungando di parecchio quindi i tempi dell’emergenza, per maggiore tranquillità, poi si vedrà e si capirà meglio quali saranno i tempi “realistici” e soprattutto reali) per terminare la scuola a fine giugno 2021. E nel frattempo (da luglio a fine settembre) finalmente dare avvio e completare il progetto di edilizia scolastica tante volte rinviato.
Ma prima vorrei fare un excursus delle varie ipotesi sentite in queste settimane.
Si parte da chi vorrebbe riaprire già da metà maggio (eventualità che in altro articolo ho definito sciagurata: rischiare di compromettere tutto in una fase di drammatica emergenza sanitaria tutt’altro che superata è da incoscienti, ed infatti medici, virologi, scienziati vari dicono non praticabile, anche se eventualmente applicata in sequenze differenziate), avallando quella che sembra essere la decisione di Macron (che non tocca qui a me giudicare come politico, ma purtroppo per lui, e per fortuna per i francesi, è già “bruciato” e finita l’emergenza lo attendono centinaia di migliaia, forse milioni di “gilet gialli”).
Poi ci sono coloro che vorrebbero riaprire a luglio: ma a parte il tema sicurezza, costoro sanno che significherebbe psicologicamente per i ragazzi, che magari sperano in qualche bagno a mare (se sarà possibile, il che è tutto da vedere) dopo mesi di sacrifici in casa, sapere che dovrebbero andare a scuola in piena estate? E sanno che caldo fa a luglio, soprattutto in aule non climatizzate del sud Italia? E poi, cosa non del tutto… marginale ci sarebbero (se “lor signori permettono”) le ferie dei lavoratori della scuola che non possono optare per le “ferie intelligenti” come gli altri ma da sempre si devono accontentare di quelle “cretine” e costose tra fine luglio ed agosto! E l’emergenza non ha, mi pare, tolto il diritto almeno al riposo delle ferie, che quest’anno saranno tutt’altro che “goderecce”, di lavoratori che con la didattica a distanza (più pesante certamente di quella in presenza, almeno per i più) non hanno certo lesinato impegno e lavoro in questi ultimi mesi.
Il Ministero dell’Istruzione ipotizza di iniziare il 1° settembre, magari sempre con la didattica a distanza (ma perché? Io e tanti altri ci siamo posti un dubbio, come ho scritto in un precedente articolo: occasione per istituzionalizzarla e far diventare l’insegnante un “facilitatore” – nella migliore delle ipotesi un “tutor” – e non un docente che offre conoscenze, nella piena libertà di insegnamento riconosciuta dalla Costituzione e che educa a diventare cittadini gli allievi? E magari c’è in prospettiva, non da parte del Ministero, ci tengo a chiarirlo con nettezza, un business della Dad?).
Ora sento di proposte come i “doppi turni”, magari per le scuole superiori con lezioni mattutine per le classi del primo biennio e pomeridiane per il triennio finale (possibilmente con lezioni di 40/45 minuti), oppure di portare l’orario di lavoro (facendo l’esempio per le scuole secondarie) da 18 ore settimanali a 24 ore (limitatamente al periodo di “sicurezza” onde evitare rischi di contagio), immagino per colmare lacune pregresse accumulate durante la Dad (che quindi, peraltro, se si avviasse nuovamente da settembre ne farebbe… accumulare altre di lacune!).
E magari c’è anche chi propone di tornare in aula con le “mascherine” protettive!
Allora, per i doppi turni mi chiedo se un docente che ad esempio ha lezione nel biennio sino alle 12 e poi ha classi del triennio a partire dalle 14.30 deve quindi “bivaccare” a scuola? Sia perché non avrebbe tempo per tornare a casa e poi di nuovo a scuola, sia per non intasare ancor di più i mezzi pubblici (molti docenti vanno a scuola con i mezzi pubblici e non con la macchina: buona cosa no?) con i relativi rischi se ancora ci fossero pericoli sanitari. E poi i doppi turni sarebbero una cosa “terribile” per i ragazzi che fanno lezione il pomeriggio (magari per il “ritmo circadiano”? Sicuramente per organizzare i loro tempi quotidiani).
Per l’orario a 24 ore: è proprio necessario se si riprende con regolarità la scuola? No, a meno che sia questa l’occasione propizia per riformare in peggio l’orario d’aula (perché sappiamo che l’orario di servizio comprende ben altri impegni, e a parte le riunioni collegiali ed altro anche le correzioni a casa e la preparazione delle lezioni, dal punto di vista temporale non formalmente riconosciute) e mettere in atto riforme che solo per parlare del recente passato ministri come Profumo e Giannini o loro sottosegretari avevano tentato! C’è anche chi propone questa opzione in buona fede, da inserire nel nuovo contratto come limitata al solo periodo “emergenziale”, a fronte di un aumento magari di 100 euro (ma quello avrebbe già dovuto esserci in “tempi di pace”!), aumento poi non “ritrattabile” una volta finita l’emergenza. Ma io dico (alla luce di tante esperienze e non solo in campo scolastico): siete sicuri che poi non verrà mantenuto l’orario a 24 ore e che gli aumenti saranno prolungati a prescindere da un eventuale ritorno all’orario previsto dall’attuale contratto, cioè alle 18 ore? Io francamente ne dubito (e almeno tutto ciò andrebbe certificato, con assoluta chiarezza, “nero su bianco” nel contratto).
E comunque tanti anni fa scrissi un articolo dal titolo eloquente, un invito alla classe docente (che vale per tutti i lavoratori): “I diritti non si barattano neppure… per un pugno di euro”, parafrasando il titolo di un vecchio film. Perché poi i lavoratori rischiano di trovarsi con meno diritti e con pochi spiccioli in più, e se si cede sui diritti il rischio è di ritornare 50 anni indietro (e forse più) nel mondo del lavoro!
C’è infine chi (magari accanto a tali proposte) propone un bel “misto fritto” tra didattica in presenza e didattica a distanza (metà e metà? L’una più l’altra?). Che senso ha, se non richiamare, magari involontariamente, dubbi sul fatto che a emergenza finita non si voglia insistere sulla Dad per istituzionalizzarla? E non servirsene invece giustamente come ora in fasi emergenziali, purché rispettando la libertà degli insegnanti di scegliere le modalità più confacenti alle loro discipline e alle esigenze dei loro alunni, servirsene in “tempi di pace” magari per potenziare la “scuola in ospedale” e la didattica per studenti in media/lunga degenza domiciliare.
Fare didattica a scuola e poi continuare a casa tra l’altro significherebbe per i docenti dover lavorare forse 18 ore al giorno, altro che a settimana! Però magari potrebbe essere un sistema per superare il problema della classe insegnante più anziana in Europa: molti di loro in effetti potrebbero… “schiattare”‼ Invece, se parliamo di “ripensamenti” perché appunto non applicare un giusto turn over, facendo andare in pensione uomini e donne ad un’età adeguata (ad esempio a 62/63 anni gli uomini e a 60/61 anni le donne, magari con lievi penalizzazioni) e sostituirli con le nuove generazioni di docenti, tra l’altro più propensi e preparati alle nuove tecnologie?
E a proposito di proposte non voglio neppure spendere una parola sulla proposta delle “flipped classroom”, che richiamano comunque in qualche modo al già citato docente “facilitatore” e in ogni caso ne rideterminano e condizionano funzione e ruolo.
Io vorrei lanciare una proposta semplice semplice: perché non iniziare la scuola il 1° ottobre (una volta si faceva e non siamo venuti su “tutti scemi”!) e magari finire le lezioni a fine giugno 2021? Solo per il prossimo a.s. naturalmente. Nel frattempo ad ottobre può darsi che un vaccino sia già stato trovato e sia disponibile per tutti (ricchi e poveri!). E nel frattempo da luglio (magari se possibile da metà giugno) a fine settembre ristrutturare e mettere a norma le (vecchie) strutture scolastiche (finalmente il “mitico” progetto di edilizia scolastica realizzato‼).
E se il personale della scuola facesse propria questa idea per proporla al M.I. sarebbe finalmente l’occasione per essere protagonisti anche dal punto di vista propositivo, invece di lasciare in tal senso campo libero a chi dovrebbe essenzialmente occuparsi d’altro: tanto per non far nomi, “Fondazione Agnelli”, Confindustria, “Associazione Treelle” (ops, li ho fatti i nomi! Ma sono un giornalista indipendente e quindi li faccio tranquillamente).
Ma forse questa è una proposta troppo semplice… per essere presa in considerazione?!
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