Ho letto con attenzione l’articolo di Fabrizio De Angelis sulla condizione dei docenti e, più in generale, delle scuole che operano nelle aree a rischio sempre più presenti nel nostro paese. Ne condivido l’analisi ma, soprattutto, le conclusioni.
Negli ultimi anni la scuola si è trovata a far fronte, in solitudine, al degrado dei rapporti sociali e alle crisi economiche e politiche che hanno reso in molti casi impossibile per gli istituti scolastici assolvere con serenità alla loro funzione formativa.
Si susseguono episodi di intolleranza, contestazione e contenzioso tra le famiglie e le scuole che denunciano lo stato intollerabile al quale sono giunti i rapporti tra i soggetti che erogano il servizio scolastico e coloro che ne sono destinatari.
Certamente non si può generalizzare. Per fortuna questo degrado non si avverte in tutte le scuole e in tutti i territori, ma non possiamo nemmeno più parlare di eccezioni. Evidentemente nel corso degli anni chi doveva riflettere ed intervenire, a tutti i livelli, non lo ha fatto a dovere; ci si è occupati di altre questioni, producendo ben cinque riforme scolastiche in quindici anni senza badare al clima che si stava deteriorando nei rapporti scuola-famiglia e alle gravi difficoltà che la professione docente deve affrontare quotidianamente nelle aule scolastiche, soprattutto nelle aree con maggiori problemi sociali, ma non solo in quelle.
Ben venga, dunque, la proposta di tener conto, anche sotto l’aspetto contrattuale, di situazioni di rischio per il personale docente e dirigente scolastico, con la pressante richiesta che anche gli enti locali facciano la loro parte predisponendo servizi specifici a sostegno delle scuole in queste zone.
Ma qui non posso non citare la risposta debole data dall’ultimo contratto di lavoro che è assolutamente in direzione diversa, visto che dopo mesi di proclami e belle parole la classe docente ha visto riconosciuti insignificanti aumenti contrattuali rimanendo agli ultimi posti nei paesi europei. E’ sembrato, questo, un altro fallimento delle politiche scolastiche che avvalora il senso di abbandono citato nell’articolo dal dirigente siciliano.
Carlo Frascari
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