Il rientro in aula non è per tutti gli studenti un momento di presunto ritorno alla normalità e non significa necessariamente socializzare e rivedersi tra compagni e amici, per i tanti studenti e studentesse questo avrà ha infatti caratteristiche davvero peculiari. Stiamo parlando delle scuole serali e dei corsi per gli adulti da cui, accettando di mantenere l’anonimato, viene la richiesta di diffondere la voce di alcuni di loro iscritti a questi corsi, che vogliono dire la loro opinione, seppure minoranza nel mare magnum del sistema dell’istruzione italiana. Va inoltre detto che la voce degli studenti e delle studentesse è supportata da molti dei loro docenti.
Rientrare a scuola per noi rappresenta un serio problema, in maggioranza infatti siamo persone che lavorano, il più delle volte in modo temporaneo e non garantito, nel campo dell’assistenza agli anziani e alle persone con disabilità, ma non solo, in tanti infatti abbiamo lavori precari. Questo non ci consente né la possibilità di ottenere permessi allo studio, né per esempio di derogare in merito a orari ed esigenze delle persone che assistiamo.
Quando la maggioranza di noi si è iscritta al corso serale aveva chiaro l’impegno che si stava prendendo e si era consapevoli anche di dover rinunciare, nel caso, al lavoro. Oggi le cose sono cambiate, la precarietà occupazionale ci porta a tenere saldo il nostro lavoro, seppure non garantito da contratti o altro. La didattica a distanza ci ha permesso fino ad ora di poter accedere alle lezioni anche durante i tempi di trasporto o quando, per esempio, potevamo prenderci una pausa dall’assistenza, pur garantendo la presenza ai nostri anziani o utilizzando le pause tra una consegna e l’altra.
Inoltre, siamo altamente consapevoli, e questo vale anche per chi non lavora come badante o assistente alla persona, ma anche per chi è nel mondo del delivering, o che svolge “lavoretti” temporanei, che le nostre attività lavorative ci portano a contatto con le persone e siamo pertanto più “pericolosi” di altri, nel momento in cui, seppure a distanza, saremo nelle aule, o useremo i mezzi pubblici per andare a scuola. Vorremmo anche aggiungere che, proprio perché gli orari dei corsi serali sono “notturni”, dovremo muoverci durante le ore di coprifuoco.
Sappiamo che la nostra è una realtà molto piccola, ma diamo anche valore a quello che significa per molti di noi avere un titolo di studio. In maggioranza siamo cittadini di altri paesi del mondo e avere accesso all’istruzione in Italia e arrivare a conseguire un diploma ci sembra un grande risultato.
Tuttavia, con la scuola in presenza, per molti di noi significherà oggi abbandonare gli studi e anche i nostri progetti. Siamo stati travolti dalla pandemia nelle nostre vite private, ma nel caso della scuola ci sentiamo oggi più che mai, mentre viene sbandierato come un successo il ritorno in aula, ignorati e ad alto rischio di esclusione sociale. Paradossalmente, proprio perché la pandemia ci ha imposto la didattica a distanza, le competenze digitali che abbiamo maturato ci hanno reso più accessibile l’accesso allo studio, risparmiando tempo e denaro. Per noi tornare in aula significa, come abbiamo provato a spiegare sino ad ora, una sorta di penalizzazione.
Avremmo preferito che nel caso specifico dei nostri corsi si mantenesse la possibilità di scegliere tra la didattica in presenza o a distanza, misura anche accettata dalla maggioranza dei docenti delle nostre classi. Siamo tutti adulti, maggiorenni, quindi una chance in più sarebbe stata segno di attenzione ad un piccolo ma molto motivato gruppo di studenti.
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