Il governatore del Veneto Luca Zaia esulta, il ministro dell’istruzione Valeria Fedeli frena.
È il gioco delle parti che si è aperto quando l’esecutivo ha deciso di non impugnare davanti alla Consulta la legge regionale n. 8/2017 varata il 31 marzo, che punta a riorganizzare “il sistema educativo regionale in un’ottica unitaria”.
L’iniziativa della Giunta veneta prende le mosse dalla riforma del Titolo V della Costituzione che ha affidato alle Regioni, a partire da una serie di obiettivi comuni stabiliti su base nazionale (i LEP), la determinazione delle caratteristiche dell’offerta formativa, sulla base delle esigenze espresse dai territori e dai mercati del lavoro locali.
E l’ambito d’intervento della legge regionale è infatti rappresentato dall’intero sistema educativo regionale: dall’orientamento all’istruzione, fino alla formazione professionale. Troppo “invasivo” per il Ministero l’intervento legislativo regionale, al punto da richiederne la modifica in alcuni passaggi sostanziali. Per Zaia invece suona come una promozione in piena regola la rinuncia del governo ad impugnare la legge.
Su questo terreno, considerando sullo sfondo anche il referendum consultivo del 22 ottobre sull’autonomia di Lombardia e Veneto, si è acceso lo scontro politico tra Miur e Regione.
“E’ un obiettivo riconoscimento alla nostra capacità di fare una buona legge, di scriverle bene e di saper esercitare bene le prerogative regionali nell’ambito delle competenze che la Costituzione ci affida”, il commento del Governatore Zaia: “si tratta di un’altra importante riforma di ‘sistema’ attuata da questa amministrazione che supera l’esame di costituzionalità”. Insomma, una “promozione a pieni voti” che dimostra che il Veneto “ha tutte le carte in regola per allargare i propri spazi di azione rivendicando l’utilizzo di maggiori forme di autonomia”.
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Il ministro Fedeli ha replicato spiegando che la legge ha problemi di “legittimità costituzionale” perché viola le competenze dello Stato istituendo una anagrafe regionale degli studenti non coordinata con quella nazionale; indicando in tre e quattro anni la durata delle superiori mentre a livello nazionale sono cinque; sono problematiche anche la determinazione dei criteri di certificazione dei titoli e dei crediti per i passaggi all’interno della formazione professionale e fra questa e le scuole statali, la definizione a livello regionale degli obiettivi di competenza linguistica straniera e la valutazione del sistema scolastico regionale.
“Il governatore Zaia sa bene – ha spiegato la Fedeli – che la legge sull’istruzione del Veneto va modificata perché presenta profili di illegittimità costituzionale e se il Consiglio dei Ministri non l’ha impugnata è solo perché lo stesso Zaia si è formalmente impegnato con una lettera inviata a me e al Ministro per gli Affari regionali ad apportare le modifiche richieste dal Miur”. Un impegno formale con una lettera messa agli atti per “una rivisitazione di detti articoli in modo da superare le ambiguità del loro testo e le conseguenti perplessità in ordine alla loro costituzionalità”.
Ora spetta al Consiglio Regionale veneto apportare le correzioni al testo. A meno che non via siano ripensamenti…
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