Classi pollaio, edifici obsoleti, dispersione energetica, inagibilità. Questo il quadro dell’edilizia scolastica nel Belpaese, contando anche le migliaia di edifici chiusi ed accorpamenti vari in istituti comprensivi. Aumentano le note classi pollaio, aule oramai divenute consuete per i docenti, costituite da oltre 25 alunni, più complesse ed impegnative da gestire.
La soluzione è ripensare ad una scuola più inclusiva e reattiva alle problematiche intrinseche – siano queste umane, architettoniche o ingegneristiche – ai dilemmi che affliggono una scuola non in grado di proiettarsi nel futuro secondo nuovi approcci, tecnologie ed esigenze, anche demografiche. In Australia e nelle Americhe – Canada in particolare – si sta dando vita ad un’idea di scuola verticale: edifici moderni, ampi, a limitato impatto ambientale ed impronta di carbonio, destinati ad una flessibilità in termini di capienza mai vista. Non si parla di aule lasciate vuote ed in disuso, ma naturalmente di capacità rapida di conversione della destinazione d’uso degli edifici, dei laboratori e – perché no – di palestre ed appezzamenti esterni in classi vere e proprie. Il fine, oltre a quello di centralizzare la didattica nelle fasi sensibili dello sviluppo del fanciullo nello stesso edificio, sarebbe quello di favorire l’interazione tra ambienti, regimi didattici e culture differenti, in una società sempre più glocalizzata, massiva ed interconnessa.
I progetti di scuola flessibile e verticale: il caso australiano
L’idea tradizionale di una scuola a uno o due piani, distribuita su un vasto campus, non è più un’opzione per alcune nuove scuole australiane. La crescita della popolazione e la mancanza di terra nelle aree urbane significano che alcune scuole devono davvero evolversi con il fine di ridurre il consumo di suolo e favorire l’interazione. Il fine è inoltre quello di favorire un contatto diretto – anche per animo e coesione di comunità – tra generazioni differenti in strutture a basso impatto ambientali e con innumerevoli pertinenze all’aperto, anche per educare la popolazione studentesca al territorio.
L’aumento della popolazione scolastica in alcune aree dell’Australia ed America Latina, anche per migrazioni interne e politiche favorevoli alle nascite, ha imposto un ripensamento delle scuole dalle fondamenta. Il modello di scuola verticale è caratterizzato, secondo gli ultimi studi condotti sul tema da organizzazioni di architetti, da: coesione elevata degli ambienti, consumo di suolo limitato, uso di materiali sostenibili, ampia capacità di conversione della destinazione d’uso degli ambienti e verticalizzazione, ovvero l’edificazione di scuole in strutture con un elevato numero di piani ed in posizione strategica. La flessibilità delle strutture è caratterizzata inoltre dall’impiego di tecnologie moderne, come il coohorting delle aule e sistemi di distribuzione avanzata basati anche sull’impiego di IA.
E in Italia?
La vetustà degli edifici e le natura degli scarsi investimenti sull’edilizia scolastica non sono un novità. Oltre la metà degli edifici ha oltre 50 anni e non rispetta talvolta i requisiti di agibilità in alcune aree che vengono chiuse. La soppressione e l’accorpamento delle sedi succursali e centrali in mega-scuole è un fatto che, oltre a favorire la dispersione scolastica con la perdita dei punti di riferimento a livello territoriale per gli studenti, impatta enormemente la già discussa questione delle classi pollaio, in deciso aumento.
A giustificare la soppressione dei plessi più la perdita degli studenti: rispetto all’anno 2021/22, lo scorso settembre hanno ripreso le lezioni negli istituti italiani ben 121mila alunni in meno, dopo che già rispetto all’anno precedente se ne erano persi altri 100mila. Il numero di plessi scolastici si è contratto di oltre 500 unità nello scorso anno scolastico; In tutto, nel decennio passato sono stati chiuse qualcosa come 2.600 sedi scolastiche. Resta da capire, nonostante le rassicurazioni del ministro dell’Istruzione e del Merito Valditara, se i “punti di erogazione del servizio” resteranno aperti ed operativi nonostante il bassissimo numero di iscritti. Ancora da comprendere come verranno investiti nella realizzazione delle classi innovative ed avanzate, promesse dall’ex Ministro Bianchi, i fondi del PNRR destinati all’istruzione.