Come se fosse un dato paradossale, di cui dubitare, il settimanale britannico The Economist intitola così un suo recente reportage: “Perché le scuole in Vietnam sono così buone?” Lo stupore, in effetti, è comprensibile, giacché nell’immaginario collettivo occidentale il Vietnam resta uno dei Paesi asiatici più poveri. In realtà, la situazione è molto diversa: Il Vietnam, infatti, può vantare una fra le maggiori crescite economiche al mondo negli ultimi anni. In particolare, il 2022 è stato un anno record per la sua economia, che ha visto il Pil salire dell’8%, il livello più alto dal 2011: produzione agricola, edilizia industriale, trasporti, turismo, sono tutti settori in forte espansione, e gli esperti sostengono che nel lungo periodo, il Vietnam continuerà a rimanere una delle economie a più rapida crescita della regione Asia-Pacifico e una destinazione chiave per l’afflusso di investimenti diretti esteri.
I livelli generali dell’istruzione hanno seguito questa scia di positività: nelle rilevazioni OCSE-Pisa del 2015 il 35% degli studenti vietnamiti si piazzava al livello 3, contro – ad esempio – il 28% di Stati Uniti e Italia. E anche in matematica ottenevano un rispettabilissimo punteggio di 495, al di sopra della media dei Paesi partecipanti che si attestava sui 490.
Abhijeet Singh, ricercatore presso la Stockholm School of Economics, ha recentemente condotto una ricerca comparativa dei sistemi di istruzione di alcuni Paesi in via di sviluppo come il Vietnam, L’Etiopia, l’India e il Perù. Ebbene, sembrerebbe che il Vietnam sia l’unico Paese in cui la qualità dell’istruzione non si sia deteriorata a partire dagli anni ’60 del secolo scorso.
L’Economist, dicevamo, non esita a definire il sistema di istruzione vietnamita come uno dei migliori al mondo e si interroga sulle ragioni di questo sviluppo.
L’autore dell’inchiesta cita addirittura Hô Chi Minh, storico presidente della Repubblica democratica del Vietnam dal 1945 al 1969, che amava questa massima attribuita a Confucio: “Se il tuo obiettivo è a un anno, pianta riso: se è a dieci anni, pianta alberi; se è a cento anni, istruisci i bambini”.
E così è stato. Ma come, con quali strategie a lungo termine? La risposta è incredibilmente semplice, quasi disarmante: grazie alla qualità dei professori. Ma come, tutto qui? Ebbene sì, pare che i vietnamiti se ne siano accorti prima di molti altri Paesi al mondo… Non è necessario che i docenti – aggiunge l’Economist – siano i più qualificati, ciò che conta è la loro efficacia metodologica, la loro passione, la loro partecipazione emotiva al processo di insegnamento-apprendimento.
In Vietnam i docenti ricevono una formazione continua e la loro libertà di insegnamento in termini metodologici è ampia. I professori la cui cattedra si trova in regioni particolarmente isolate percepiscono uno stipendio più alto e tutti sono valutati sulla base dei risultati ottenuti dai loro alunni. Per concludere, tutte le province sono obbligate a dedicare il 20% del loro budget all’istruzione. Questo ha fatto sì che in Vietnam i livelli di conoscenze e competenze degli studenti siano omogenei su tutto il territorio.
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