“Fate come me, scioperate per il clima”. All’appello di Greta Thunberg hanno aderito i giovani di 2052 città in 123 paesi, numeri da aggiornare al rialzo perché le adesioni crescono. La più grande manifestazione studentesca che si ricordi.
In molti Paesi le manifestazioni hanno avuto il patrocinio e il benestare dei rispettivi ministeri all’istruzione.
Da noi il #Fridaysforfuture è stato liquidato dal ministro Bussetti con un “si va scuola regolarmente”, nonostante abbiano aderito molti docenti e alcuni presidi insieme alle loro scuole.
Eppure i temi ambientali sono inseriti nelle indicazioni nazionali per il curriculum delle scuole superiori in tutti gli indirizzi di studio, cioè sono temi da “programma scolastico”; non si contano, infatti, le tracce uscite agli esami di maturità sull’argomento. Lo stesso Presidente Mattarella ha tenuto a sottolineare l’importanza della sensibilizzazione, e non solo dell’azione.
I temi ambientali sono “temi di giovani” da sempre e per i giovani di sempre; non è un’operazione nostalgico retorica ricordare le manifestazioni a Comiso con Pio La Torre contro le testate nucleari in Sicilia, mischiando pacifismo e ambiente. No, nessuna retorica, eravamo persino più piccoli di Greta e per molti l’impegno politico serio, concreto, specie in una regione in cui allora c’era poco spazio per la retorica, nacque proprio lì. Temi da giovani che poi passano in secondo piano da adulti? Come se non fossero prioritari?
Uno dei grandi errori della politica degli ultimi anni è stato l’aver messo in fondo ambiente e sostenibilità, al di là delle intenzioni. E forse sarebbe da rendere merito a quell’Europa che tanti andiamo dicendo “Europa sì ma non così”, che proprio sui temi ambientali invece, “Sì, proprio così“, perché ha fatto da argine in questi anni, con enormi resistenze, a politiche nazionali dissennate. Sempre più le classi dirigenti van comprendendo che temi prioritari lo sono, non nella variante di un ambientalismo astratto e tout court, ma nella forma più complessa, concreta e approfondita delle politiche sulla sostenibilità a 360 gradi.
Per il nostro Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, aderire in maniera ufficiale alla giornata di sciopero avrebbe contribuito a fugare il sospetto di velleitarismo idealistico giovanile in cui molti vorrebbero confinare questa mobilitazione, per farne materia “da maturità”, di riflessione matura. Come? Approfondendo i passi che si son fatti, i trattati sul clima, le tante indicazioni europee e nazionali, che quando arrivano vengono accolte anche nelle loro famiglie storcendo il naso.
Tanti gli esempi: dai nostri sacchetti biodegradabili per far la spesa alle ecotasse sulle auto da cui son partite le proteste dei gilet giall francesi. Mostrando come, se un tempo il nemico erano le idealizzazioni retoriche, oggi il nemico è la polarizzazione di parte, che confonde capre e cavoli, che fa di tutta l’erba un fascio e che riduce a rivendicazioni di pochi, temi e difese per tanti. Questa mobilitazione che sul piano delle adesioni studentesche sarà massiccia, poteva rientrare in una delle attività di quella “materia non materia” che sarà per la prima volta oggetto d’esame, ovvero Cittadinanza e Costituzione.
Un esempio di impegno attivo sulla difesa dei beni comuni contro la pretesa degli interessi particolaristici, che è ben altra cosa degli interessi legittimi, dando la possibilità a scuole e docenti di approfondire con gli studenti, a margine dell’iniziativa di piazza, le tematiche dell’ambiente e della sostenibilità anche come mezzo di riflessione politica in senso ampio.
Qualcuno potrebbe dire: possono farlo comunque, in altro modo, nelle classi, con altri eventi. Io dico piuttosto: un’occasione persa. Per il Ministero, per il Ministro. Per la Scuola. E invece no, da Bussetti solo un laconico: “Andate a scuola”. Ma anche questo è “fare scuola”, direi che questi ragazzi e queste ragazze, dando senso concreto a quello che studiano e facendolo loro, faranno scuola eccome. Peccato.
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