I primi giorni eravamo quasi incuriositi da questo modo di vivere. Alla lunga, però, la reclusione, a molti, è risultata costrittiva, logorante, mettendo in luce gli aspetti peggiori del nostro carattere. In realtà, mentre qualcuno si sente gratificato, valorizzato da questa esperienza, altri si comportano come animali in gabbia.
Già c’è chi soffre di attacchi di panico da claustrofobia, che si rivelano in incubi notturni. Del resto, è risaputo che, nei periodi di svuotamento degli impegni e di rarefazione dei rapporti, aumentano i suicidi.
I bambini e gli adolescenti, specie i più vivaci, soffrono particolarmente di questa claustrazione. Hanno bisogno di essere continuamente stimolati dagli adulti. C’è da notare, a proposito, che la presenza di bambini da animare, anche se faticosa, è del tutto positiva. Aiuta a motivare la giornata di genitori e nonni. Per fortuna, c’è la rete che, ben usata, può arricchire di senso la nostra vita. E c’è l’opportuna novità delle lezioni on line che mantengono in vita le relazioni e rendono presenti altre figure significative.
Da parte mia, sono convinto che esiste un modo adeguato per reagire alle difficoltà di questo periodo. Quello di trasformare la reclusione in opportunità. Occorre considerare ogni giorno come una dimensione di vita a sé. Organizzare il tempo in distinti ambiti d’interesse, puntando sulle nostre risorse più motivanti. Quelle che coincidono con il nostro strato profondo e risultano particolarmente gratificanti per noi.
Non sprechiamo queste giornate. Esse possono essere preziose per riprendere in mano la vita e costruire qualcosa d’interessante: approfondire una materia, imparare a suonare uno strumento, preparare un esame, portare a termine un lavoro, applicarsi alla manualità, dedicarsi alla lettura, coltivare le relazioni, affrontare un dialogo chiarificatore con persone che ci stanno a cuore, impegnarsi all’armonizzazione di sé, attraverso la meditazione e la preghiera …
In ogni caso, esercitiamoci nell’atteggiamento mentale positivo. C’è una cosa, in particolare, che può danneggiare la nostra serenità. Considerare quanto ci sta accadendo come un’oscura punizione e non come un’opportunità. Ci sono, a questo proposito, due atteggiamenti, che possono anche rivelarsi complementari. Se siamo abituati ad affrontare le difficoltà dal punto di vista razionale, dobbiamo ammettere che esse fanno parte della vita e che, proprio dalle contrarietà, possono sprigionarsi energie nuove e stimolanti.
Se poi siamo soliti rappresentare la realtà attraverso l’ottica della fede, allora dobbiamo guardarci da valutare la pandemia come un castigo vendicativo di Dio, fine a se stesso. Infatti, ogni apprezzamento negativo nei nostri riguardi, favorisce una reazione di depressione e di rassegnazione. Dobbiamo, casomai, vedere in questa esperienza, unica nel suo genere, un intervento educativo ristrutturante da parte dell’amore divino.
In questo, ci viene in aiuto la Sacra Scrittura: “Il Signore corregge colui che egli ama e percuote chiunque riconosce come figlio. Certo, sul momento, ogni correzione non sembra essere causa di gioia, ma di tristezza; dopo, però, arreca un frutto di pace e di giustizia” (Ebrei 12, 6.11.).
In altre parole, il Signore ci corregge perché ci ama. Correggere, infatti, significa richiamare l’ideale, ricordare il traguardo, corroborare le energie, indirizzare le forze, sostenere l’impegno. Correggere vuol dire riaccendere i desideri belli del cuore e riprendendo la retta via. Quale? Quella di una civiltà che riesca a conciliare progresso ed umanità.
Luciano Verdone