Certamente, le “buone prassi” per la scuola non possono prescindere da un approccio diverso e da una buona iniezione di investimenti nel settore.
Ci sono però alcune cose che potrebbero farsi da subito, senza aggravio di costi per lo Stato, ma che rappresenterebbero un piccolo segnale di voler perseguire un rapporto diverso con i docenti.
Preliminarmente, se fossi il Ministro, mi scuserei pubblicamente con le migliaia di docenti precari finora lasciati senza stipendio, i quali non hanno nemmeno potuto fare i regali di Natale ai loro bambini.
Sembra che la situazione si sia ormai sbloccata, ma le pubbliche scuse mi sembrano doverose.
Le ingiustizie prodotte dall’algoritmo sono state più volte denunciate su questa testata, sui social e su tutte le pubblicazioni di settore.
Se proprio non si vuole tornare alle convocazioni in presenza (che a parere di chi scrive sarebbero la cosa migliore), quanto meno prevedere che i docenti possano presentare le domande sulla base di un quadro completo delle disponibilità (e non al buio, come avviene attualmente).
Inoltre, che in caso di assegnazione di uno “spezzone”, il sistema sia tarato in modo tale da consentire al docente interessato di continuare a partecipare alle operazioni fino al completamento della cattedra.
Com’è noto, all’atto del conferimento della supplenza, la scuola provvede al controllo dei titoli e dei punteggi, controllo che secondo le disposizioni ministeriali dovrebbe avvenire “tempestivamente”.
Sappiamo tutti che spesso ciò si verifica anche a mesi di distanza dalla presa di servizio e in qualche caso addirittura dopo che la supplenza è terminata.
E’ di tutta evidenza che un controllo non immediato produce gravi ingiustizie.
Potrebbe accadere che la supplenza non sia stata conferita all’avente diritto (che viene privato di retribuzione e punteggio).
Inoltre, andrebbe chiarito che il docente al quale è stato assegnato senza sua colpa un punteggio superiore a quello effettivo, abbia comunque diritto al punteggio per l’esperienza di docenza maturata.
L’attuale normativa -a dire il vero- non prevede affatto il mancato riconoscimento ai fini giuridici del servizio reso (se non nel caso di mancanza del titolo di studio o false dichiarazioni). Tuttavia, non sono rari i casi in cui le segreterie della scuole – resesi conto di aver sbagliato nella nomina – inseriscano nel provvedimento di risoluzione del contratto la dicitura che il servizio è stato prestato “ai soli fini economici”.
Oltre al fatto che la privazione del punteggio non è prevista dalla disciplina di settore, spesso il docente – seppure non aveva diritto a quella nomina – poteva essere chiamato da altre scuole nel medesimo periodo e avrebbe comunque maturato punteggio.
Un intervento chiarificatore da parte del Ministero sarebbe quanto mai opportuno.
L’art. 2087 del Codice Civile stabilisce che il datore di lavoro è tenuto ad adottare le misure che sono “necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale” dei dipendenti.
Ormai da anni si assiste ad una sorta di messa alla gogna dei docenti da parte di genitori che pretendono di stabilire i metodi di insegnamento, la quantità dei compiti da fare a casa e persino le valutazioni dei propri figli.
E, purtroppo, sempre più spesso, oltre alla personalità morale, si tratta di tutelare anche l’incolumità fisica.
Sarebbe auspicabile una maggiore attenzione a tale problema, sia con apposite indicazioni da diramare ai dirigenti scolastici, inclini ad assecondare le richieste dei genitori per “quieto vivere”, sia con apposite iniziative, quali ad esempio un serio patto di corresponsabilità con le famiglie, che devono essere adeguatamente sensibilizzate al rispetto delle persone e dei ruoli.
Sono decine di migliaia i docenti precari che hanno ottenuto con sentenza definitiva la “carta docenti”.
Tuttavia, nonostante sia trascorso in molti casi oltre un anno e nonostante le assicurazioni che compaiono sul sito del Ministero, la situazione è ancora bloccata e non si sa fino a quando.
Le cose da fare sarebbero ancora tante.
Ma per il momento, sarebbe già un buon segnale.
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