Ultimamente, nelle classi, si sta assistendo ad una mancanza continua di studio e di rispetto.
Il docente spiega cercando di coinvolgere in modo sempre nuovo ed inclusivo alla lezione che sta trattando, tuttavia c’è una forma di mezza apatia in cui è più interessante trattare della partita di calcio, della serie TV nuova in streaming o del video su determinate applicazioni, piuttosto che perdere tempo ad ascoltare ed interagire.
Il docente diventa quasi un fastidio, in fondo il compito dei ragazzi, post pandemia, è quello di venire a scuola per trovarsi ed incontrarsi con gli amici. Partono dal presupposto che non ci sia bisogno di molto per essere promossi e, nel caso, possono sempre contare su genitori che li difendono a spada tratta e che si possono rivolgere al tribunale per permettergli di andare avanti negli anni di studio. Quindi, in classe, si possono anche permettere di mandare a quel paese il docente urlandogli addosso quello che gli capita per la testa, hanno dirigenti scolastici che gli daranno una caramella con la promessa che non lo faranno mai più, salvo ripetere la stessa scena ancora e ancora.
In tutto questo marasma, si chiede al docente di formarsi, di apprendere nuovi modi per rendere accattivanti le lezioni, di fare psicologia e pedagogia per comprendere le dinamiche dei cambiamenti.
Ai ragazzi invece cosa si chiede? Solo di apprendere e crescere.
Ci troviamo dinanzi ragazzi sempre più svogliati, promossi con delle lacune enormi e altamente forti su alcune tematiche che sviluppano prima di un tempo ma totalmente privi di forza su altre. Quando la vita inizia a chiedere di più, a portare dei “No”, improvvisamente non sanno come affrontare le sconfitte e si ritrovano a pensare che, forse, salire sul tetto della scuola e buttarsi giù sia una soluzione, piuttosto che andare alla stazione e lanciarsi nel vuoto di un binario mentre un treno sta arrivando.
Non so esattamente cosa sia l’intenzione scolastica attuale, perché sembra che solo i docenti debbano obbligatoriamente essere messi in discussione e porsi miriadi di domande e possibili soluzioni, ma stiamo assistendo ad una deriva in cui sempre più analfabeti funzionali proseguono gli studi privi di raziocinio e ponderatezza perché troppo abituati ai “Si” e al “prosegui pure”.
Non mi stupisco dei ragazzi che entrano in gang o che si organizzano per effettuare degli scontri, non è “noia” come la definiscono loro o eminenti psicologi, è una mancanza di qualcosa che li spinge sempre più verso un baratro e che non sanno come colmare e con cosa colmarlo in quanto anche le passioni sono vissute con estrema superficialità ed inconcludenza.
Bisognerebbe tornare a chiedere di più, a permettergli di apprendere meglio le capacità di base senza continuare a fare progetti che non attecchiscono minimamente. Tornare a famiglie meno permissive e più forti, ad una scuola in cui i voti erano voti e andavano guadagnati perché “altrimenti ci rimetti l’anno”, a dirigenti che invece di pacche sulle spalle facevano valere la loro figura dando regole e sostegno ai docenti. Una scuola che era una scuola, insomma.
Lettera firmata
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