Se non ci fossero stati i dati Ocse, si poteva magari transigere, scordarsi cioè cha la nostra scuola è tra le più vecchie d’Europa.
E infatti da noi la porzione più cospicua di insegnanti si piazza nella fascia 50-59 anni: i prof con questa età sono il 39,3% alla primaria, il 50% alle medie, e altrettanti alle superiori. Nella scuola secondaria la quota di over 60 sfiora il 10%. E anche gli under 40 scarseggiano. Sono il 16,6% alla primaria, l’11,6% alle medie, il 7,9% alle superiori.
La gran parte di costoro, per un motivo o per l’altro ma soprattutto di natura anagrafica, ha avuto poca dimestichezza coi nuovi sistemi informatici e ne continuano ad avere, tanto che speso sono proprio gli alunni che si trasformano in docenti, indirizzando i loro prof più anziani nei marchingegni dell’hi-tech. Ma non solo, nelle sperimentazioni che tante scuole stano mettendo in atto, implementando le tablet come strumento didattico, tutti gli insegnanti coinvolti hanno dichiarato che in questo scambio di mutuo soccorso fra i loro saperi teorico-disciplinari e quelli pratici-tecnologici dei loro alunni, potrebbe scaturire una nuova strategia comunicativa e quindi di risoluzione delle problematiche classiche legate alla lezione frontale.
Se dunque il ministro ha questa onorevole intenzione, deve pure prevedere corsi di aggiornamento su questo versante e al più presto, senza scordarsi inoltre che non può e non deve più tenere a scuola docenti ultrasessantenni e non perché non siano più validi e risultano da buttare, ma solo perchè la didattica che si aggancerà alle nuove forme di comunicazione informatica ha più difficoltà a essere usata da loro nelle classi. E a maggior ragione se sono proprio questi docenti che richiedono l’uscita dalla scuola, proprio perché con ogni probabilità sono dignitosamente consapevoli che la loro stagione per un verso o per l’altro si è conclusa.
Ma il ministro dice ancora: “Il risparmio complessivo per il sistema scolastico che il piano di digitalizzazione può garantire è di 30 milioni di euro, così articolato: 4 milioni di euro nella Primaria (crica 2 euro a studente), 10 milioni nella Secondaria di I grado (circa 6 euro a studente) e 16 milioni nella Secondaria di II grado (circa 6 euro a studente)”. Tante asole e tanti bottoni? Infatti per assegnare un PC in ogni classe di medie e superiori occorrerà un finanziamento complessivo di 24 milioni, mentre per dare nel sud un tablet per ogni insegnante sarebbero impegnati quasi 32 milioni di euro. Praticamente il Miur, sottraendo i risparmi dall’acquisto di carta e registri, 30 milioni di euro, spenderebbe solo 24 milioni di euro per dotare ogni classe di un Pc, anche se, visto che si parla di innovazioni a costo zero, fra le pieghe del bilancio ministeriale si dovrà raschiare qualche altra cosa. Ci auguriamo che i conti al Miur li abbiano fatti bene, anche se, occorre dirlo, l’idea stessa di digitalizzare le scuole e di spedire tutte le scartoffie e le pratiche nell’etere dell’online, compresa la pagella coi registri delle assenze, delle note e dei voti ci appare fantastica. Meno fantastica ci appare tuttavia la difficoltà che molti ceti popolari dei quartieri periferici avranno: la scuola forse dovrebbe arrivare prima da queste parti e poi altrove, se non altro per rispettare la parabola della pecorella smarrita.
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