Il motivo di questo approccio è nato a seguito della caduta delle barriere fra le diverse discipline come anatomia, fisiologia, farmacologia e biochimica, si è ridotto il divario tra ricerca di base e ricerca clinica. Inoltre, oggi discipline come la matematica, la fisica, l’ingegneria contribuiscono in maniera significativa a questi studi, i quali occupano una posizione centrale in settori scientifici originariamente rivolti ad altri scopi, come la cibernetica, l’intelligenza artificiale e le scienze cognitive.
Sotto il nome di Neuroscienze ci si propone, dunque, di integrare tutte queste conoscenze in un patrimonio omogeneo. Quindi se il secolo che si è appena concluso è stato il secolo della fisica, il nuovo sarà, senza dubbio il secolo della biologia. Basta osservare, infatti, come e quanto gli Stati Uniti hanno investito negli ultimi 20 anni nel campo della ricerca: la curva degli investimenti realizzati per ricerche di biologia e medicina si innalza molto più rapidamente rispetto a quelle di altri settori, come quello dell’ingegneria, della fisica e delle scienze ambientali.
Questi investimenti in Italia non ci sono stati, perché il cervello organizzativo dei processi di sviluppo del Paese aveva altre priorità rispetto al finanziamento della ricerca. A tal proposito l’auspicio di tutti si fonda sulla speranza che in Italia il cervello scommetta una volta per tutte sulla ricerca.
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