Arriva da Pavia una storia che, se accertata, ha dell’incredibile: si tratta di bullismo nei confronti di un alunno di soli otto anni e la particolarità sta nel fatto che a “colpire” il giovane non sarebbero stati dei compagni di scuola o esterni all’istituto, ma tre maestre, tra l’altro anche colleghe della madre dell’alunno bullizzato.
Del caso si starebbero anche occupando l’Ufficio scolastico della Lombardia e l’Ust di Pavia.
A rendere ancora più inverosimile la storia, resa pubblica dalla Provincia Pavese, è il fatto che a scoprire quello che accadeva è stata la madre dopo avere letto casualmente dei messaggi delle maestre ‘postati’ su una chat di WhatsApp: “Pirla”, “sporco”, “bambino di m.” sarebbero alcuni degli appellativi usati dalle tre donne quando indicavano il figlio della loro collega, con la quale, scrive l’Ansa, sembra che vi sarebbe “qualche dissapore che si trascina dal precedente anno scolastico”.
Le vessazioni sarebbero durate quattro mesi, da novembre a febbraio, fino a quando la madre del bimbo ha letto per caso il contenuto dei messaggi attraverso un computer della scuola.
La donna non avrebbe dubbi: si tratterebbe di una “ritorsione”. Tanto che assieme alla famiglia depositerà l’esposto anche in questura.
All’alunno sarebbero state inflitte punizioni e in un’occasione sarebbe stato costretto a restare fuori della classe.
Viene da chiedersi, qualora le accuse fossero confermate, come ci si possa accanire nei confronti di un bambino, tra l’altro in una scuola.
Ma anche come mai si utilizzano le chat con una leggerezza tale da far pensare che si tratti di media riservati e attraverso i quali si può parlare liberamente di tutto.
Evidentemente, diversi insegnanti ancora non hanno ben compreso che inserire commenti o dichiarazioni sui social media equivale a condividere quel testo, almeno a livello potenziale, con un altissimo numero di persone.
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