Gentile redazione di Tecnica della Scuola,
chiederei ospitalità per dare una risposta quanto pubblicato nella rubrica I lettori ci scrivono e offrire qualche considerazione di merito.
Partirei dalla risposta al titolo: «Fallimento delle GPS: colpa delle maestre?»
Assolutamente no.
Il punto è guardare alla situazione complessiva nella quale si trova il nostro sistema di istruzione, le scuole e il personale.
Non ci vuole molto ad immaginare la girandola di docenti affidati ad un algoritmo alla vigilia di un anno scolastico particolarmente delicato e non pensare ad un collasso del sistema, con ripercussioni pesanti anche sul personale.
In questo folle meccanismo ci sono anche le maestre (e i maestri) che le famiglie vedono come figure inossidabili, affidabili e capaci di affrontare ogni cambiamento, un punto di riferimento che non vorrebbero perdere che – invece – hanno preoccupazioni professionali, responsabilità, progetti.
Le decisioni prese, in questi mesi difficili e delicati per la scuola, prima con il lockdown poi con le misure per la ripresa, hanno guardato più alle cose che alle persone.
I banchi sono arrivati per metà, il personale non lo sa ancora – quando – dove – come – prenderà servizio.
In questa incertezza professionale diffusa si trovano anche le maestre (e i maestri).
Il nuovo sistema, per quanto raccontato come rivoluzionario, dovrà selezionare circa 250 mila docenti a cui affidare un incarico annuale ma i punteggi sono pieni di falle, peraltro ammesse dallo stesso ministero che promette di eliminare gli errori, ma solo quelli macroscopici (allora ci sono). E quelli meno evidenti?
Abbiamo detto che era necessario superare l’impasse e garantire i diritti, programmare la ripresa.
Il ministero continua a controllare tutto da Roma, senza accettare nessuna revisione su quanto messo in atto, tra norme pasticciate e concorsi ancora da avviare. Nessun provvedimento concordato.
E’ colpa delle maestre? Proprio no.
Il nostro sindacato è abituato ad assumersi tutte le responsabilità, ma non quelle degli altri.
E’ abituato a cercare soluzioni, fare proposte. Il nostro modello di scuola è quello della comunità educante, dove tutti hanno spazio, diritti, possibilità di carriera, mobilità.
E’ in questo contesto, di scuola comunità, che i docenti c.d. ingabbiati (non solo maestre) devono trovare gli spazi per la legittima e libera scelta professionale.
Nell’inverno scorso, con il ministro Fioramonti, la mia organizzazione insieme alle altre, ha sottoscritto convintamente, un accordo per consentire loro di abilitarsi e chiedere i passaggi di ruolo.
Se questa intesa non è stata pienamente realizzata, non è certo per responsabilità sindacale.
Ora le soluzioni vanno trovate. Lasciare il personale alla deriva di un algoritmo è esperienza che non può essere ripetuta. Il pasticcio delle Gps va sanato. Ci vorrà tempo, e va fatto.
Avere avanzato la proposta di un provvedimento che confermi i contratti a tempo determinato dello scorso anno (docenti con 36mesi di servizio, compresi i docenti di sostegno con titolo) non significa discriminare nessuno. Potrebbe stendersi a tutti i contratti annuali.
Potrebbe però permettere alla scuola di aprire con meno problemi: degli 85.000 posti autorizzati resterebbero, secondo una nostra previsione, oltre 50.000 posti liberi, ai quali dovrebbero aggiungersi almeno altri 100-150.000 posti di supplenza.
Pensare che il rientro in classe possa svolgersi nella più totale incertezza, significa mettere le persone in ulteriori difficoltà, la scuola nelle condizioni peggiori per aprire e funzionare, come se il Covid non fosse sufficiente.
Un atto di arroganza del governo che non considera le conseguenze, che mette gli uni contro gli altri, che porterà a ricorsi e contro ricorsi (è forse questa la strategia del ministero?).
Non è solo una prospettiva è già ipotesi che emerge in tutta la sua gravità. Non confondiamo ruoli e responsabilità.
Pino Turi
Segretario generale Uil Scuola
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