Se l’insegnamento è una professione…

La ministra Valeria Fedeli ha più volte sottolineato che l’insegnamento deve essere considerato una professione, ma le decisioni prese dalle istituzioni spesso contraddicono questa sua affermazione, ignorando la professionalità degli insegnanti.

Il MEF ha diramato una nota, nel 2016, con la quale porta l’attenzione degli USP e delle scuole sulla differenza fra cattedre istituzionali con più di 18 ore settimanali e ore residue. Ebbene, l’interpretazione più logica vorrebbe che per “cattedre istituzionali” si intendessero quelle così costituite in organico di diritto dall’USP. In realtà le scuole sono costrette dalla Ragioneria di Stato a trattare tali cattedre come se le ore oltre le 18 fossero sempre e comunque “residue”, onde evitare un “danno erariale”.

A luglio, quando è uscito l’organico di diritto, sono state formate dall’USP diverse cattedre con ore in più rispetto alle 18 previste dal contratto. Ebbene, le scuole per queste ore in più fanno contratti agli insegnanti dalla data di inizio delle lezioni fino al 30 giugno, e non dal 1 settembre al 31 agosto come sarebbe d’obbligo trattandosi di cattedre così formate in organico di diritto dall’USP.

Non solo: nel contratto c’è la dicitura “vista la disponibilità del docente ad accettare le ore eccedenti…”, anche se in questo caso il docente non ha avuto scelta perché così la cattedra è nata.

Nel mio caso specifico (ma conosco molti docenti nella mia stessa situazione) la mia cattedra di 20 ore vuol dire una classe in più, quindi un impegno che va ben oltre le due ore in più alla settimana, con programmazione, lezioni da preparare e compiti in classe da correggere.

La nota del MEF va, a parer mio, a ledere il diritto dei lavoratori di poter scegliere se fare o meno ore oltre le 18 e comunque di vedersi riconosciuto il pagamento per tutto l’anno scolastico delle ore in più. Il riconoscimento economico solo nel periodo delle attività didattiche è ridicolo e offensivo.

In sintesi, ritengo che alle affermazioni bisognerebbe far seguire i fatti, e considerare davvero gli insegnanti dei professionisti, senza cercare di risparmiare sulla loro pelle.

di Silvia Epicoco

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