Sempre più spesso oggi i docenti (pubblici ufficiali rappresentanti dello Stato democratico) si trovano dover rispondere in modo argomentato alla seguente obiezione dei propri studenti: «Se siamo in democrazia, per quale motivo è vietata la ricostituzione del Partito Fascista? Perché esiste il reato di “apologia del fascismo”? Questa democrazia non è realmente democratica! Il fascismo è un’ideologia come tutte le altre, e come tale la si deve poter professare liberamente».
Nella nebbia in cui sta sprofondando la memoria storica del nostro Paese (complice la marea montante dell’ignoranza generalizzata, che la Scuola sempre meno argina), i contorni del bello, del vero e del giusto appaiono sempre più sfocati. La scuola delle “competenze”, infatti — che giustifica ideologicamente la strage sistematica delle conoscenze e il loro deprezzamento — porta un numero sempre maggiore di persone a considerare “soggettivo” qualsiasi dato, qualsiasi punto fermo, qualsiasi fondamento del vivere civile. Da questa confusione traggono profitto i revisionismi, di cui le Destre sono da sempre maestre, grazie ad una grandissima abilità (che va loro riconosciuta) nel cambiare le carte in tavola.
Fin dall’inizio della loro vicenda, infatti, gli estremisti di destra hanno sempre giocato con le parole, appropriandosi di termini, analisi, concetti, e persino colori e nomi della tradizione socialista. Basti pensare al colore nero, mutuato dal movimento anarchico (del quale persino Hitler rubò il rosso-nero per la bandiera con la croce uncinata). Lo stesso nome “fascismo” (originato dai mussoliniani “Fasci italiani di combattimento”) richiama i socialisti “Fasci siciliani dei lavoratori”, che in Sicilia, tra il 1891 e il 1894, costituirono un autentico movimento di massa tra i contadini, i minatori e gli operai. Nel 1956 Pino Rauti fondò un’associazione culturale e politica neofascista, che osò chiamare “Centro Studi Ordine Nuovo” (da cui nel 1969 sarebbe nato il “Movimento Politico Ordine Nuovo”): copiando il nome all’omonima rivista fondata da Antonio Gramsci nel 1919. Ed in anni recenti Casapound (movimento politico nato dal primo centro sociale neofascista) è riuscita persino ad appropriarsi di Che Guevara nei propri manifesti. Appropriazione indebita di cui si è macchiata anche la Lega Nord, una parte della quale con il neofascismo ha in comune xenofobia, razzismo e (persino) antisemitismo.
Le finalità, ovviamente, sono opposte a quelle di chi abbia in mente una società di liberi e di eguali. Mussolini, tuttora osannato dai militanti di destra come da alcune tifoserie calcistiche, scriveva: «Dopo il socialismo, il Fascismo batte in breccia tutto il complesso delle ideologie democratiche e le respinge, sia nelle loro premesse storiche, sia nelle loro applicazioni o strumentazioni pratiche. Il Fascismo nega che il numero, per il semplice fatto di essere numero, possa dirigere le società umane; nega che questo numero possa governare attraverso una consultazione periodica; afferma la disuguaglianza irrimediabile e feconda e benefica degli uomini che non si possono livellare attraverso un fatto meccanico ed estrinseco com’è il suffragio universale» (Dottrina del Fascismo, II, 6). Parole chiare ed inequivocabili, che i neofascisti di oggi approvano e rivendicano.
Il fascismo, dunque, nasce e si sviluppa in antitesi esplicita con la democrazia. Pertanto, se c’è fascismo, non ci può essere democrazia; se c’è democrazia, non può esistere fascismo. I due sistemi, antitetici per storia e definizione, non possono coesistere. Così come non possono coesistere la mafia e la legalità.
Ebbene, dopo il 1948 non sarebbe dovuto risultare difficile allo Stato italiano debellare totalmente simili rigurgiti. Sarebbe bastata la XII disposizione transitoria della Costituzione Italiana. Sarebbe bastato applicare la Legge Scelba (Legge 20 giugno 1952, n. 645). Il cui articolo 1 è chiarissimo: «Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista». E l’articolo 4: «Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità indicate nell’articolo 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa (…)».
E invece l’Italia ha dovuto troppe volte fare i conti, negli ultimi 75 anni, con le ragnatele nere. Fin da subito. Dal 1945 al 1947, e poi nei primi anni ‘50, fu attivo in Italia il gruppo politico FAR (“Fasci di Azione Rivoluzionaria”), che compì vari attentati. Fondato da Pino Romualdi (poi presidente del MSI), il FAR disponeva pure di un “Esercito nazionale anticomunista”!
Tutto questo va spiegato agli studenti da tutti i docenti: non solo da quanti sono incaricati di svolgere il programma di storia e di educazione civica. Difatti l’insegnante di Scuola Statale (l’unica definibile pubblica!) — non essendo l’impiegato di un’”azienda” che eroghi un “servizio” ad “utenti” (tantomeno clienti!), ma un pubblico ufficiale di quell’organo costituzionale che è la Scuola (come sosteneva Piero Calamandrei) — ha il diritto e il dovere di difendere i valori su cui lo Stato democratico si fonda. Valori garantiti dalla Costituzione, che giustamente anche l’attuale Governo vuole venga insegnata Scuola.
Su questo punto, quindi, saremo convintamente ed assolutamente filogovernativi, nell’esortare la classe docente a continuare nella difesa dell’Italia dall’ignoranza e dai rigurgiti di fascismo e di irrazionalità che qua e là fanno capolino nella nostra martoriata Penisola. No al fascismo, no al totalitarismo, no all’ignoranza! Difendiamo con forza i valori costituzionali di libertà, uguaglianza, democrazia, per il progresso e il benessere delle generazioni future.
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