Il modo in cui alcuni uffici scolastici hanno gestito il sistema di reclutamento degli ultimi tempi è stato, senza troppi giri di parole, indecente.
Al netto delle colpe, indiscutibili, del Ministero che negli anni ha voluto alternare misure ordinarie e straordinarie con normative e soprattutto requisiti diversi di volta in volta (la procedura dell’immissione in ruolo da gps è stata a dir poco vergognosa per modalità e tempistiche), i vari Usp hanno però altrettanto indiscutibilmente contribuito ad alimentare un sistema già farraginoso e chiaramente fallimentare.
Vittime anche loro di scadenze scandalose e di algoritmi ignobili, hanno però, come siamo abituati a ripetere a noi stessi per giustificare comportamenti sconvenienti, applicato la prassi della “mors tua vita mea”, sacrificando la dignità dei docenti, come persone prima che come lavoratori.
Se, come notifica di convocazione a tempo determinato o addirittura indeterminato, è sufficiente la pubblicazione sul sito senza avviso tramite mail; se la pubblicazione di tale documento avviene nel fine settimana, venerdì o sabato pomeriggio con necessità di conferma o rinuncia (in base a logiche illogiche) la domenica alle 23.59, ne consegue che l’aspirante insegnante deve essere connesso 24 ore su 24; ne consegue che, non solo deve essere connesso 24 ore su 24, ma deve controllare compulsivamente il sito dell’usp di riferimento, a pranzo, a cena, durante l’orario di lavoro (perché è probabile che gli aspiranti docenti facciano nel frattempo altro per campare), nei fine settimana (cosa a mio avviso folle e lesiva della libertà personale, alla faccia del diritto alla disconnessione); ne consegue che il docente non solo deve controllare compulsivamente il sito dell’usp di riferimento, ma una volta adempiuti tutti questi “doveri”, deve anche decidere se accettare o meno un incarico sulla base di illuminazioni divine, di istinti animaleschi, di segni del destino perché nel fine settimana non può contattare sindacati, istituzioni scolastiche, paradossalmente neanche gli stessi uffici scolastici da cui qualcuno due minuti prima aveva cliccato allegramente il tasto “pubblica” e due minuti dopo aveva chiuso a chiave la porta dell’ufficio, lasciando il telefono squillare, le caselle mail riempirsi e la sedia appena liberata oscillare davanti al Dio-computer, da additare, ormai è prassi, come l’origine di tutti i mali.
Perché, lo sappiamo, chi siede su quelle sedie girevoli sono persone, lavoratori anche loro, dipendenti (è proprio il caso di dirlo) di e da un sistema deleterio. Vittime, lo ripeto, anche loro.
Vittime come chi nei sindacati ci lavora, risponde al telefono e tenta di dare delle risposte. Le vittime sono sempre i lavoratori.
A farne le spese sono tutti, dunque.
Se tutti sono vittime, non c’è carnefice. Se non c’è carnefice, allora lo siamo tutti, con la più o meno inconsapevolezza di avallare un sistema balordo, nella completa inerzia. Perché se il male è banale, lo è molto di più l’indolenza.
Eleonora Salomone
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