Sulla riforma del secondo ciclo di istruzione è in atto da mesi un estenuante braccio di ferro fra Stato e Regioni che quasi certamente culminerà il 15 settembre nella mancata intesa in sede di Conferenza unificata.
In realtà molte (quasi tutte) le richiese delle regioni sono state accolte dal Ministro a partire dalla valorizzazione dell’istruzione tecnica fino al trasferimento statale delle risorse finanziarie.
Non solo, ma stando alle anticipazioni delle ultime ore, il Ministro ha accolto anche la richiesta di ampliare ulteriormente gli spazi di autonomia delle scuole e delle realtà territoriali: la quota di curricolo in mano alle istituzioni scolastiche passerà dal 15 al 20% e in questa “fetta” le Regioni potranno proporre programmi di interesse locale.
Le Regioni hanno chiesto che l’intero sistema di istruzione, e non solo l’area professionale, rientri nei poteri di programmazione dei governi locali ed anche su questo il Governo si è dichiarato pronto a discutere.
D’altronde su questa strada già si sono mosse alcune regioni come l’Emilia-Romagna e la Toscana.
Ma proprio su questo punto la vicenda della riforma del secondo ciclo potrebbe incontrare nuovi, imprevisti, ostacoli; nel pomeriggio del 14 settembre le Regioni hanno incontrato le organizzazioni sindacali che hanno manifestato forti perplessità sull’ipotesi di “regionalizzazione” chiedendo immediatamente l’apertura di un tavolo di confronto triangolare (Ministero-Regioni-Sindacati).
In realtà per il momento i comunicati sindacali sono molto cauti in quanto una “alleanza” fra regioni e parti sociali viene considerata indispensabile per tentare di contrastare l’approvazione del decreto sul secondo ciclo.
Ma è molto probabile che qualunque intesa fra Stato e Regioni in materia di decentralizzazione non troverà il consenso delle organizzazioni sindacali che già stanno facendo sapere che il personale delle scuole dovrà continuare a rimanere alle dipendenze dello Stato.