Maria Cristina Gori neurologa, psicoterapeuta e docente del corso ECM “Imparare dal Covid-19 : le conseguenze psicologiche da isolamento e didattica distanza” realizzato da Consulcesi, enumera una serie di conseguenze negative dovute alla didattica a distanza: dispersione scolastica, cattiva alimentazione, eccesso di sedentarietà, disturbi del sonno (su cui La Tecnica della Scuola ha proposto un sondaggio ai suoi lettori), binge watching, dipendenza da videogiochi.
E precisa: “Le conseguenze psicologiche della Dad sono note solo in parte, ma sappiamo già che in alcuni casi possono compromettere l’apprendimento degli studenti. Senza contare l’aumentato rischio di burnout dei genitori. Il carico educativo si poggia in gran parte sui familiari”.
La causa principale tuttavia, per l’esperta, sarebbe la disponibilità dei mezzi necessari e le modalità con cui viene svolta la Dad: “La pandemia ha modificato profondamente le modalità della didattica e dell’apprendimento. In realtà sia i docenti che gli studenti sono riusciti e stanno riuscendo a rimodulare le strategie e le tecniche senza evidenti svantaggi sull’apprendimento dei contenuti. Il maggior rischio dimostrato riguarda invece la possibilità della dispersione scolastica che, secondo il rapporto Censis di maggio 2020 è stimato superiore al 10%. Ci si riferisce in questo caso e quelle fasce più disagiate che non riescono ad avere l’accesso in Internet o ai mezzi informatici”.
Ma ci sarebbe pure un errore di fondo, usare la Dad riproducendo la modalità in presenza con i mezzi online: “Le modalità classiche di apprendimento non possono essere applicate alla Dad perché queste non permettono una sufficiente attenzione da parte degli studenti. I metodi più funzionali sono la ‘classe capovolta’, che si propone come un modello di sperimentazione della classe del futuro attraverso una rivoluzione della struttura stessa della lezione, ribaltando il sistema tradizionale che prevede un tempo di spiegazione in aula da parte del docente, una fase di studio individuale da parte dell’alunno a casa e successivamente un momento di verifica e interrogazione nuovamente in classe”.
“Può essere utile per gli insegnanti affidarsi alla narrazione di storie in modo da recuperare l’umanità; inserire il public speak come soft skill da dimostrare online; sottolineare perché si spiegano certi argomenti oggi: non investire sul mezzo ma sulle caratteristiche personali”.
“L’obiettivo deve essere quello di mostrare che il virus non è tutta la vita, ma solo una fase. E che il modo di affrontare questa fase rappresenta una sfida. I ragazzi apprendono più dalle modalità implicite che da quanto dichiarato. Apprendono maggiormente gli stati d’animo, le paure, le ansie, le speranze, l’orgoglio. Gli adulti hanno la responsabilità di trasmettere la forza e la gioia di vivere, nonostante tutto”.
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