Chiunque può inviare al Garante per la protezione dei dati personali una segnalazione, quando non è possibile presentare un reclamo circostanziato, non disponendosi di sufficienti informazioni, oppure qualora si intenda effettuare una semplice “denuncia” che possa indurre l’Autorità ad effettuare un controllo sull’attività ritenuta illecita di un titolare del trattamento dei dati o sull’eventuale violazione della normativa.
Per la segnalazione non sono previsti particolari vincoli di forma. Il segnalante potrà infatti limitarsi a fornire tutti gli elementi in suo possesso da cui possa evincersi la illegittimità o illiceità del trattamento richiedendo un controllo dell’Autorità.
Le segnalazioni possono anche essere anonime?
La normativa, nello specifico il comma 2 dell’art. 19 del Regolamento n. 1/2019, prevede che di regola la segnalazione sia presentata da un soggetto identificato, ma l’Autorità può utilizzare le notizie indicate in eventuali segnalazioni che provengono da un soggetto non identificato – ossia anonime – qualora ritenga di dover avviare controlli su casi nei quali ravvisa il rischio di seri pregiudizi o di ritorsioni ai danni di soggetti interessati dal trattamento, oppure ricorre comunque un caso di particolare gravità.
Il Garante, nell’apposita scheda informativa, si riferisce a casi specifici, vale a dire quando il segnalante, per motivi di sicurezza chieda di mantenere l’anonimato: si tratta ad esempio del lavoratore che teme ritorsioni oppure dei genitori nel settore scolastico. In questo caso, tale modalità, pur accettata dall’Autorità, non esime la stessa, qualora venisse proposto accesso ai documenti amministrativi, dal gestire come Amministrazione destinataria la richiesta di accesso, verificando, caso per caso, l’interesse e i motivi sottesi alla relativa istanza, nonché dal valutare la sussistenza di una delle ragioni per le quali il documento può essere sottratto alla conoscibilità del richiedente.
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