Sei semplici quesiti per il ministro Giannini

Gentilissima redazione,

inviamo solo poche righe per dare voce allo sconcerto di noi docenti (ambito AD04) che abbiamo scoperto stamattina (o ieri mattina) di non essere stati ammessi alla prova orale del concorso. Siamo tanti. Troppi.

Dopo anni di precariato, di titoli acquisiti con fatica e con impegno economico, di abilitazioni e di corsi di aggiornamento, molti di noi hanno scorso, prima con incredulità, poi con sgomento e infine con rabbia, quella lista in cui comparivano solo 143 docenti a fronte dei 644 posti disponibili.

La “selezione meritevole” si è risolta in una frettolosa epurazione, come sembrerebbe dimostrare l’inserimento in elenco di una candidata che nemmeno aveva partecipato al concorso, inserimento subito depennato.

La maggior parte delle cattedre disponibili sarà di nuovo destinata a supplenze annuali, ricoperte da noi esclusi, sempre meno giovani e sempre più precari, con buona pace della stabilizzazione chiesta dal buon senso ancor prima che dall’Europa.

Ci chiediamo a chi e a cosa servisse davvero questo concorso. E troviamo una sola risposta, un po’ maliziosa: probabilmente indire un concorso per soli titoli e immettere in ruolo anche dalla seconda fascia d’istituto non avrebbe permesso a tanti politici di sbandierare l’arrivo della nuova era meritocratica. Ah!

Finalmente la meritocrazia, quest’araba fenice che rinasce sulla bocca di ogni nuovo Ministro dell’Istruzione, per soli fini elettorali! Ma niente di quello che è accaduto è più lontano dall’effettivo riconoscimento del merito o da ciò che sarebbe stato giusto accadesse.

Al Ministro attuale, che come i suoi predecessori pare non abbia del tutto sviluppato la capacità dell’ascolto, vorremmo porre sei brevissimi quesiti:

 

1) Perché indire un concorso selettivo, quando il personale selezionato già esiste in abbondanza e lavora da anni?

2) Con quali criteri sono state selezionate commissioni giudicatrici così “rigorose ed esigenti”?

3) Chi ha stabilito i criteri di valutazione (comunicati solo dopo la prova scritta) e stabilito la loro congruenza, come invece dovrebbe essere, con i quesiti posti?

4) Perché coinvolgere l’Università nella formazione dei docenti, la cui qualità dell’insegnamento viene poi negata nei fatti?

5) Come giustificare i costi, che immaginiamo elevati, per un risultato tanto deludente e così esiguo nel numero dei docenti stabilizzati?

6) Quale nuova professione potrebbero intraprendere, secondo Lei, insegnanti di lettere molti dei quali hanno trenta, altri quaranta, alcuni cinquanta e anche più anni?

 

Provi a argomentare le risposte, gentile Ministro, in due ore e mezzo e poi salvi il tutto sulla chiave USB ad imperitura memoria. Ma, come dicono alcuni fra i “bravi”, stia serena: se non dovesse riuscirci, Lei non vedrà sbriciolarsi la vita professionale tra le mani, come è successo a noi.

Con amarezza

I lettori ci scrivono

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