Funzione chiave quella del dirigente scolastico da cui dipende non solo il futuro formativo degli alunni ma anche il sano a e coerente sviluppo professionale dei docenti; e invece nel nostro Paese si assiste a concorsi per il loro reclutamento farraginosi, distanti nel tempo, affollati, basati sulla memoria e non sulla competenze. E non solo spesso le dirigenze sono luogo di sprechi, ignoranza e pure incapacità gestionale anche da punto di vista dell’indirizzo complessivo della scuola in termini di didattica.
Logica vorrebbe che a svolgerla fossero chiamati dei professionisti di alto livello, in possesso non soltanto di un’ampia preparazione in molti diversi ambiti, ma di una visione chiara del proprio mandato, delle indispensabili capacità nella gestione delle risorse umane, del carisma necessario a far convergere molte spinte individuali divergenti in un progetto comune.
Per offrire alla riflessione degli esperti di settore e dei decisori politici un quadro quanto più significativo ed aggiornato possibile, Treellle e Fondazione per la Scuola hanno organizzato questo convegno, cui sono stati invitati a dare il proprio contributo specialisti di alcuni fra i Paesi europei di maggiore tradizione: Francia, Germania, Inghilterra.
In particolare, saranno al centro dell’attenzione:
1) il tema dei pre-requisiti per aspirare alla dirigenza di una scuola. Se chiunque può concorrere, come adesso, sulla semplice base di cinque anni di insegnamento, crescono le probabilità che accedano alla funzione anche bravi insegnanti, che hanno studiato con diligenza la normativa prevista, ma che si troveranno in difficoltà nel momento di esercitare una funzione del tutto diversa da quella cui erano abituati e preparati. Nessuna formazione successiva può realmente rimediare ai guasti di un reclutamento iniziale inadeguato.
2) Un’altra questione dibattuta sarà l’assegnazione dei dirigenti alle singole scuole: chiunque abbia superato una selezione potrà essere assegnato indifferentemente a qualsiasi scuola, così come avviene da noi? Nella maggior parte degli altri Paesi – inclusi quelli oggi invitati a testimoniare della propria esperienza – non è così. Nel Regno Unito, ad esempio, è il Board della singola scuola che vaglia i diversi candidati e sceglie quello che ritiene più idoneo ai bisogni di quella specifica scuola. E si tratta di candidati che hanno già conseguito un titolo di idoneità generale alla direzione delle scuole, attraverso la frequenza di appositi corsi.
In Germania, i candidati riconosciuti idonei dalla commissione devono presentare la propria candidatura alla scuola che aspirano a dirigere: ed il parere degli organi di quest’ultima è determinante. E perfino in Francia, paese-simbolo del centralismo amministrativo, coloro che superano il concorso sono nominati per almeno due anni come “vicari” di un altro dirigente: e, dopo il periodo di prova, obbligatoriamente trasferiti ad altra sede.
3) Non meno importante la questione delle prove da superare: da noi, nella sostanza, sono attese soprattutto due qualità. La prima è saper scrivere bene, la seconda è aver memorizzato quante più disposizioni normative possibile. Nessuna di queste è richiesta ai dirigenti degli altri Paesi che si confrontano oggi con noi: le prove – quando ci sono – sono strutturate e focalizzate sulla analisi e soluzione di casi concreti; oppure su un confronto con un Board intorno ai problemi specifici di quella scuola.
4) Altra questione chiave, quella della valutazione (delle scuole e dei dirigenti). Che sia condotta in via amministrativa (da un ispettore o dal dirigente regionale), che sia attribuita formalmente all’autorità regionale (ma di fatto esercitata da ispettori) o che sia esercitata da un Board espressione del territorio e dell’utenza, dappertutto esiste una forma di accountability verso l’esterno. In Italia,si comincia soltanto adesso a discuterne: e magari ad ipotizzare che i dirigenti rispondano dei risultati di miglioramento delle scuole, sulle quali peraltro incidono una quantità di fattori indipendenti dal loro controllo. A cominciare dall’assegnazione dei docenti (fatta dall’esterno) per proseguire con i limiti nel governo del personale, con quelli nell’utilizzo delle risorse e così via.
5) Se i docenti sono riconosciuti – in tutte le ricerche internazionali – come il singolo fattore maggiormente influente nel successo formativo degli studenti, la seconda variabile (ed anche qui i pareri concordano) consiste nella qualità della leadership. Leadership distribuita e condivisa, certo: nessuno desidera che la scuola sia retta secondo una logica autoritaria e centralistica. Leadership, in ogni caso, presente ed attiva.
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