In Italia le principali minacce per l’infanzia sono la povertà nel Mezzogiorno e i conflitti tra genitori separati che si accusano a vicenda di abusi al centro-nord, dove però anche il disagio economico pesa in maniera crescente.
Un elenco di emergenze, a cominciare dai minori senza fissa dimora che non sono censiti tra i 50mila homeless perché non frequentano dormitori e mense, ma sono segnalati in accampamenti, sotto i ponti e nelle macchine. Casi limite che non entrano in nessuna statistica. E ancora, abbandono scolastico record, mancanza di reparti di terapia intensiva pediatrica in Calabria e 170 bimbi costretti a vivere tra i rifiuti e senza fogne nel quartiere ghetto Ciambra di Gioia Tauro, 200 incesti all’anno in Campania, case famiglia non censite nel Lazio.
A ciò si aggiunge la zona grigia del disagio che non finisce sulle carte bollate dei giudici e dei servizi sociali.
L’inchiesta è della Stampa che per ricostruire il quadro generale ha incontrato i garanti costituiti in 16 regioni. Anche se l’Autorità è stata istituita nel 2011 per promuovere le misure previste dalla convenzione di New York sui diritti dell’infanzia, mancano ancora all’appello Abruzzo, Sardegna e Valle d’Aosta. In Toscana e Sicilia invece esiste già un ufficio, ma senza titolare. Il 13 giugno la relazione nazionale sui 10milioni di minori approderà in Parlamento. Tante emergenze locali si compongono in un preoccupante scenario generale, mentre il governo lavora a una banca dati unificata sull’infanzia.
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L’Italia ha livelli di povertà minorili superiori alla media europea: un minore su tre (32,1%) è a rischio di povertà ed esclusione sociale in Italia, 4 punti e mezzo sopra la media europea (27,7%), rileva Save the children. In Olanda e Germania il rischio è sotto la soglia del 20%. Soprattutto al Sud è altissimo il sommerso.
La quota di spesa per il Welfare che l’Italia destina all’infanzia è la metà della media europea (4,1% rispetto all’8,5%).
Da gennaio, scrive La Stampa, sarà operativo al ministero del Welfare l’archivio telematico che, in collaborazione con l’Inps, monitorerà in tempo reale le attività per l’infanzia nei comuni italiani. Dal 2001, infatti, il coordinamento avviene a livello regionale. Saranno colmati, quindi, i «buchi informativi» sulla condizione dei 10 milioni di minorenni italiani. I dati di flusso arriveranno al dicastero dagli enti locali. Ad essere censiti saranno anche i minori fuori dalla famiglia, gli affidi alle comunità, gli stranieri non accompagnati. Il database avrà un anno di sperimentazione ed è in attesa del giudizio del garante della Privacy. Uno strumento necessario in un Paese dove la percentuale di minori in povertà assoluta ( 1,1 milioni) è quasi triplicata negli ultimi 10 anni . Le maggiori privazioni materiali ed educative si registrano al Sud.