I contagi da Covid-19 scuola sono in riduzione o quantomeno stabili, comunque non preoccupanti. Almeno per il momento. Lo hanno confermato i massimi esperti anche nei giorni scorsi, promuovendo in questo modo la linea imposta dal Governo e dal ministro Patrizio Bianchi con il Green pass obbligatorio e il ricorso minimale alla DaD. Però molte famiglie continuano ad essere diffidenti, alcune anche contrarie all’uso della mascherina. E preferiscono lasciare i figli a casa, trovando nelle mura domestiche le risorse per far loro apprendere i contenuti scolastici (come se la scuola fosse solo questo).
Già qualche giorno fa avevamo commentato il fenomeno dell’aumento dell’homeschooling, con l’adempimento agli obblighi di istruzione totalmente a carico dei genitori o da figure individuate sostitutive, facendo “sostenere all’alunno che ha fruito di questa modalità di studio, a fine anno scolastico, un esame per il passaggio alla classe successiva”: in tempi non di pandemia, l’opportunità era fruita da circa 2.000 famiglie in Italia. Ora i numeri sono ben più alti.
Solo “in Alto Adige già 450 famiglie no vax hanno deciso di ritirare i figli dalla scuola perché contrari all’utilizzo delle mascherine per avviare con loro un percorso di home schooling, ovvero di istruzione parentale a casa”, ha detto Laura Scalfi, direttore generale dell’Istituto G. Veronesi e di Liceo Steam International.
Non è un caso se la stessa Provincia di Bolzano si sia chiesta se tutto questo è lecito: l’istituzione teme che questo possa non avvenire, almeno in alcuni casi. E che in questi contesti, i figli siano perciò abbandonati a loro stessi per quanto riguarda la formazione.
Secondo l’assessore all’istruzione di lingua tedesca Philipp Achammer “questo tipo di istruzione è chiaramente un diritto, ma dall’altra parte c’è anche il diritto del bambino ad accedere all’istruzione. Per questo dobbiamo avere più possibilità di verificare se il diritto del bambino viene tutelato, perchè non ci possono essere solo i motivi delle misure Covid per strappare il bambino dalla scuola”.
L’assessore all’istruzione di lingua italiana, Giuliano Vettorato, ha detto che la giunta sta lavorando per “prevedere che le domande di istruzione parentale vengano presentate entro l’estate, a differenza di quanto avviene ora, visto che attualmente possono essere presentate in ogni periodo dell’anno. Infine – ha concluso Vettorato -, sono previsti dei controlli periodici ed un esamino finale, proprio per verificare che i ragazzi abbiano seguito il programma”.
“Parliamo – ha precisato Scalfi, DG dell’Istituto G. Veronesi – di un fenomeno difficile da gestire per il sistema della scuola pubblica nazionale, già provato dagli adeguamenti imposti dalla pandemia e con scarse risorse oggi per poter vigilare sui percorsi di apprendimento individuali degli studenti ritirati dalle aule”.
Il problema, secondo il direttore generale, è che in questo modo non si fa il bene dei giovani: “privare gli studenti, dopo due anni di Dad, dell’opportunità di ritornare a una dimensione di apprendimento fisica e condivisa all’interno delle aule, rischia di rivelarsi un’arma a doppio taglio per la salute dei ragazzi. Ricordiamo infatti lo spaventoso aumento dei fenomeni di hikikomori, depressione, autolesionismo, che negli ultimi due anni hanno colpito sempre più giovani e giovanissimi isolati, in casa e nelle proprie stanze, dal resto del proprio universo sociale di riferimento”.
Scalfi ha detto di temere, infine, che l’istruzione parentale possa diventare “uno strumento di leva e di ricatto pubblico nei confronti delle istituzioni. L’ideologia antivaccino resta un’ideologia, un racconto privo di basi scientifiche da cui occorre tutelare in primis chi non ha ancora gli strumenti e l’età per comprenderne i pericoli”, ha concluso il DG dell’istituto Veronesi.
Anche diversi pedagogisti hanno bocciato una scuola di questo genere. Tra questi c’è Daniele Novara, autore di diversi libri sull’educazione e fondatore del Centro Psicopedagogico per la Pace e la gestione dei conflitti.
Secondo lo studioso non si tratta di una scelta corretta perché l’homeschooling può comportare diversi rischi: in particolare quello legato al fatto che i genitori si sostituiscono agli insegnanti, considerando che gli aspetti emotivi possono diventare prevalenti rispetto la sfera dell’apprendimento.
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