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Sentenza Consiglio di Stato, il Miur punta i piedi: gli organici non si toccano

Sono reazioni diversificate, praticamente opposte, quelle che giungono dal fronte sindacale e dal ministero dell’Istruzione rispetto al parere negativo espresso dal Consiglio di Stato sulla riduzione dell’orario settimanale delle lezioni nelle classi intermedie degli istituti tecnici e professionali decisa dal Miur nell’anno di avvio della riforma. Se, a caldo, il segretario generale dello Snals-Confsal, Marco Paolo Nigi, aveva detto di apprezzare l’equilibrio dimostrato dai giudici di Palazzo Spada che hanno coniugato la necessità di mantenere nell’alveo della legittimità l’azione amministrativa con gli interessi di tutti i componenti della scuola a salvaguardia della qualità dell’offerta formativa, da viale Trastevere non ha tardato ad arrivare la “doccia fredda”: le dichiarazioni del Miur hanno in pratica spento sul nascere le velleità di reintegro delle ore e del ritorno sui posti di titolarità – chieste dal sindacato autonomo assieme ad un gruppo di docenti e genitori di studenti frequentanti tecnici e professionali – dei quasi 5.000 docenti perdenti posto a seguito della riduzione oraria: secondo il ministero dell’Istruzione non si verificherà alcun cambiamento nell`attività e nella programmazione scolastica prevista. La notizia secondo la quale il Ministero debba rivedere completamente tutti gli organici delle classi 2°, 3° e 4° degli Istituti tecnici e professionali – sottolineano dai piani alti del dicastero dell’Istruzione – è priva di ogni fondamento. Secondo la sentenza del Consiglio di Stato il Miur dovrà semplicemente tener conto del parere del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione (parere non richiesto precedentemente) nella determinazione degli organici per le classi a cui fa riferimento la sentenza“. Niente interpretazione estensiva del parere dei giudici, ma solo delle piccole modifiche, a livello numerico probabilmente poco significanti: le ore in meno, che corrispondono a risparmi pari circa 100 milioni di euro, non si toccano.
Alessandro Giuliani

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