I docenti precari non residenti che svolgono attività di insegnamento all’estero devono ricevere la stessa retribuzione del personale di ruolo.
Il Tribunale di Roma disapplica l’art. l’art. 106 del C.C.N.L. per il Comparto scuola per il quadriennio 2006-2009, per le supplenze conferite all’estero per i docenti non residenti.
Il Tribunale di Roma con sentenza 4776/2015 del 12 maggio 2015, dichiara il diritto dei docenti supplenti non residenti all’estero a percepire l’assegnodi sede previsto dall’art. 658 d.lgs. n. 297/1994, come modificato dall’art. 27 d.lgs.n. 62/1998,
in misura integrale proporzionata alla durata del servizio reso ed alnumero di ore di insegnamento, disapplicando l’art. 106 del C.C.N.L. per il Compartoscuola per il quadriennio 2006-2009.
Il Tribunale di Roma dichiara inapplicabile l’art. 106 del C.C.N.L. per il Comparto scuola per il quadriennio 2006-2009 nella parte in cui attribuisce “un assegno di sede aggiuntivo, rapportato alla durata del contratto stipulato, individuato in una quota percentuale variabile dell’indennità di sede prevista per il personale a tempo indeterminato in servizio nelle scuole italiane all’estero, in modo che la retribuzione complessiva rimanga invariata ri-spetto a quella allo stato percepita”
Chiarisce come le fonti collettive, quindi, mentre hanno lasciato invariato il principio di parità di trattamento tra lavoratori in servizio in Italia e lavoratori in servizio all’estero quanto alla retribuzione propriamente detta, hanno invece previsto un “blocco” del trattamento complessivo del personale precario alla data del marzo 2000 riducendo l’assegno di sede così che il trattamento complessivo rimanga appunto invariato nella misura in atto alla data del marzo 2000.
Tale disciplina contrattuale appare in contrasto non solo con la previsione dell’art.45, comma 5, del d.lgs. n. 165/2001 ma in ogni caso con il divieto di trattamenti discriminatori posto dalla clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva n. 1999/70/CE del 28.6.1999.
Invero, l’art. 45, comma 5 citato stabilisce: “Le funzioni ed i relativi trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i servizi che si prestano all’estero presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali e scolastiche, sono disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18, e successi-ve modificazioni ed integrazioni, nonché dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari esteri”.
La disposizione dell’art. 45, comma 5, costituisce norma di carattere imperativo ex art. 2, comma 2, dello stesso d.lgs. n. 165/2001 e, pertanto, essa non può essere derogata dai contratti collettivi.
Come detto, in ogni caso, la disciplina risultante dalle clausole dei contratti collettivi in precedenza indicati è in contrasto con il divieto di discriminazione.
La clausola 4 dell’Accordo quadro dispone, invero:
“1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.
2. Se del caso, si applicherà il principio del pro rata temporis.
3. Le disposizioni per l’applicazione di questa clausola saranno definite dagli Stati membri, previa consultazione delle parti sociali e/o dalle parti sociali stesse, viste le norme comunitarie e nazionali, i contratti collettivi e la prassi nazionali.
4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo deter-minato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive”.
Rammentato che l’Accordo quadro recepito dalla Direttiva n. 1999/70/CE è vincolante sia per i privati che per le pubbliche amministrazioni (v. Sentenza della Corte di Giustizia del 4 luglio 2006 – Adeneler, punto 54), le clausole dei contratti collettivi del settore scuola che impongono il “blocco” della misura dell’indennità di sede soltanto per i lavoratori a tempo determinato non sono giustificabili non apparendo alcuna ragione di carattere oggettivo per ritenere giustificata l’attribuzione, ad un lavoratore a tempo determinato, di un trattamento economico, finalizzato a sopperire alle medesime esigenze, minore di quello attribuito ad un lavoratore a tempo indeterminato, tanto più che entrambi ne beneficiano esclusivamente per il tempo in cui prestano servizio all’estero.
Pertanto, deve dichiararsi inapplicabile l’art. 106 del C.C.N.L. per il Comparto scuola per il quadriennio 2006-2009 nella parte in cui attribuisce “un assegno di sede aggiuntivo, rapportato alla durata del contratto stipulato, individuato in una quota percentuale variabile dell’indennità di sede prevista per il personale a tempo indeterminato in servizio nelle scuole italiane all’estero, in modo che la retribuzione complessiva rimanga invariata rispetto a quella allo stato percepita”.
Deve altresì dichiararsi il diritto del ricorrente di percepire l’assegno di sede previsto dall’art. 658 d.lgs. n. 297/1994, come modificato dall’art. 27 d.lgs. n. 62/1998, in misura integrale proporzionata alla durata del servizio reso ed al numero di ore di insegnamento.
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