Le occupazioni e le autogestioni studentesche delle scuole vanno prese sul serio e gli studenti vanno ascoltati. Non ha detto niente di male o di strano il sottosegretario Faraone, e non si capiscono le levate di scudi a caldo di chi è arrivato a chiederne le dimissioni e neanche quelle sicuramente più meditate che hanno visto un gruppo di dirigenti scolastici romani esprimere un ragionamento pragmatico, decisamente contrario e a tratti irritato, come il caso dell’altra dirigente del liceo Comenio di Napoli che si è addirittura rifiutata di partecipare ad un incontro con l’esponente di governo. E lo ha fatto con una lettera indirizzata al direttore generale dell’Ufficio scolastico regionale e allo stesso titolare del dicastero dell’Istruzione. I toni non sono per niente pacati e ciò dimostra quanto nel mondo della scuola i cambiamenti introdotti in oltre un decennio di pseudo riforme, spesso slegate fra di loro, hanno ridisegnato ruoli e funzioni, lasciando irrisolti nodi vecchi e nuovi. Non sorprende, quindi, la reazione dei nuovi capi d’istituto che esprimono, evidentemente, lo spirito di tendenza che denota, tuttavia, una ridotta capacità e volontà di sforzarsi di entrare nel ragionamento dell’esponente del Governo, o delle motivazioni che portano gli studenti ad occupare. In sostanza se superficialità o approssimazione c’è, la si può cogliere sia in alcune considerazioni del Faraone, ma anche in qualche sbrigativo rimbrotto delle dirigenti.
Entrando nel merito del ragionamento, ad esempio, non ha torto il sottosegretario quando definisce occupazioni ed autogestioni scolastiche “esperienze di grande partecipazione democratica” e neanche quando afferma che «Scuola è didattica, scuola è studio, ma non può essere solo ragazzi seduti e cattedra di fronte». L’importante è però che occupazioni e autogestioni non siano o diventino delle “caricature”; ed il problema sta tutto lì e non è per niente facile distinguere quel filo sottilissimo che stabilisce la differenza fra la cosa seria o la sana goliardia e la caricatura. Non si può però essere d’accordo con il sottosegretario Faraone quando, fra le righe, sembra sostenere quasi che quei momenti siano l’unico modo “per superare la rassegnazione e l’apatia”. In realtà vi sono molte altre possibilità ed opportunità di partecipazione e confronto democratico sia all’interno che al di fuori delle mura scolastiche, che vengono normalmente colte e messe a frutto dalla stragrande maggioranza degli studenti, a cominciare da quelli che attualmente occupano.
A questo proposito la sensazione è che l’esponente del Governo Renzi, al pari di tanta parte del mondo degli adulti e di una certa classe politica, denoti una limitata conoscenza di ciò che si muove nel complesso mondo giovanile ed esprima, quindi, una posizione che, se di per sé può essere condivisibile, rischia invece di tradursi in un tentativo di rincorrere un universo giovani che appare sempre più distante e lontano. E allora ben venga il ribadito «Ascolto, ascolto, ascolto» che Faraone ha voluto indicare come metodo scelto per le riforme. Ma che sia però un ascolto serio, attento e porti a decisioni conseguenziali, se davvero si è convinti che «è in gioco la cosa più preziosa che abbiamo: la nostra scuola, il nostro futuro».
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