I lettori ci scrivono

Senza la costruzione di conoscenza non si fa scuola

Sono impegnato come presidente di commissione agli esami di Stato 2022.  

L’incontro con tanti studenti che, in questi giorni, stanno vivendo una delle tappe più importanti della loro giovane vita mi ha indotto a una riflessione che vorrei condividere con voi.

Intanto la possibilità di ascoltarli ci consente di restare anni luce lontano dai luoghi comuni sulle nuove generazioni; ma non è questo l’argomento che intendo trattare, piuttosto quello sul ruolo della scuola.   

Nel dibattito sulla scuola degli ultimi anni alcune parole si ripetono più delle altre, assumendo una sorta di potere taumaturgico nell’orientare scelte e innovazioni. 

Una tra queste è “competenze” che rimanda all’esigenza posta al sistema scolastico di preparare e qualificare studenti attraverso un “saper fare” funzionale ad un processo di continuo adattamento durante tutto l’arco dell’esistenza e facilmente modificabile e trasferibile a contesti diversi.                                                                                                                                                                                               I giovani ne sono abbastanza consapevoli, ma sembrano ignorare i rischi che potrebbero derivare da una progettazione didattica che guardi solo alla costruzione di competenze disciplinari senza includere, in modo significativo ed intenzionale, anche quelle competenze proprie della dimensione emotiva, relazionale e sociale. 

I rischi che si corrono sono quelli di un eccessivo individualismo con un indebolimento del senso di comunità, di solidarietà e di tolleranza, insofferenza nel rispetto delle regole più semplici e basilari della convivenza, difficoltà nella gestione dei conflitti e delle proprie emozioni, dei propri sentimenti, delle proprie paure con una conseguente fragilità psicologica. Anzitutto occorre riaffermare il ruolo del sapere come fondamento di ogni formazione. Senza la costruzione di conoscenza non si dà apprendimento e non si fa scuola

La proposta progettuale di una scuola deve aiutare l’alunno a dare un senso alle conoscenze nei diversi ambiti disciplinari, deve valorizzare le attitudini e le abilità per rendere “vivo e concreto” l’apprendimento, deve promuovere la costruzione di competenze che investono tutte le dimensioni della persona, deve garantire a ciascuno di mettersi nelle condizioni di essere indipendente nel capire criticamente la realtà e nel realizzare il proprio progetto di vita.

Le tendenze del mondo scientifico ed economico contemporaneo mettono in luce una sempre maggiore esigenza di autonomia del singolo soggetto all’interno del processo produttivo: in questo senso il mercato del lavoro richiede ai futuri lavoratori maggiori competenze che, oltre a quelle specifiche di settore, includono la conoscenza di almeno una lingua straniera, l’inglese in primis, di competenze tecnologiche, di flessibilità, di mobilità. 

Tutte condizioni che non possono e non devono essere ignorate dalla scuola, nella quale si entra a tre anni e si esce a diciotto. 

Ascolto, empatia, recupero del tempo necessario, comprensione delle difficoltà, buona comunicazione, gestione delle fragilità per aiutare a crescere ed educare davvero tutti, senza lasciare indietro nessuno.

Luigi Giulio Domenico Piliero

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