L’articolo di Reginaldo Palermo del 6 settembre su La Tecnica della Scuola riporta una posizione del Manifesto Scuola che lascia davvero sconcertati: eminenti studiosi e docenti universitari sembra non riescano a capire l’intrinseco valore di un mestiere considerato tra i più difficili e che nel nostro paese, dato il livello di dispersione scolastica tra i più alti d’Europa, non pare essere sempre esercitato nel migliore dei modi.
Nella loro petizione si direbbe che insistano nel cercare una scuola che, nella metafora di Don Milani, “cura i sani e allontana i malati”.
A loro parere la selezione degli insegnanti sulla base di conoscenze in ambito psico-pedagogico non ha alcun valore, perché solo la conoscenza accurata delle discipline servirebbe ad insegnare.
Attribuiscono alla pedagogia “un apparato teorico di evidente inconsistenza epistemologica” e immaginano un “pensiero pedagogico unico ministeriale che autopresuppone una propria inesistente scientificità, non suffragata da nulla al di fuori dell’arroganza e dell’autoreferenzialità di chi la sostiene”, facendo immaginare una loro probabile scarsa cognizione di causa, molta arroganza e la mancanza di un minimo rispetto per i grandi pedagogisti del passato e per i loro attuali colleghi docenti universitari che si occupano di scienze dell’educazione.
Da Socrate a Comenius, da Piaget a Bruner, da Paulo Freire a Vigotsky, da Celestine Freinet a Mario Lodi e Andrea Canevaro, per citarne solo alcuni, sarebbero quindi dei pensatori incapaci di costruire un quadro teorico epistemologicamente corretto?
Gli autori della petizione mescolano peraltro la critica all’aziendalismo, che condividiamo, con quella alla pedagogia, senza rendersi conto che proprio la pedagogia è fonte di liberazione alternativa all’aziendalismo, grazie alla ricerca di modalità di insegnamento che permettano a tutti di accedere all’istruzione.
L’articolo 3 della Costituzione ci chiede di rimuovere gli ostacoli che ostacolano lo sviluppo della persona, quindi per “rispettare le norme fondamentali della Costituzione e dei suoi principi democratici”, come chiedono i sottoscrittori della petizione, serve più pedagogia, didattica, competenze relazionali e metodologiche, perché non basta declamare un testo, come sostiene Paola Mastrocola, per insegnare. Altrimenti imparano solo i più dotati e motivati in virtù del loro retroterra socio-culturale favorevole.
Un mestiere così difficile come quello dell’insegnante richiede una preparazione specifica. Non basta una laurea. La pedagogia è l’arte di insegnare a chi apparentemente non riesce ad imparare, ma in realtà non può solo perché chi insegna non conosce bene il suo mestiere, con danno ai propri studenti e a se stesso.
Ricordiamo che quella dell’insegnante è la categoria a più alto rischio di burnout, probabilmente anche a causa dell’insufficiente formazione, che fa apparire insormontabili le situazioni complesse, quando invece proprio queste possono essere le più gratificanti per un insegnante.
Comitato Torinese per l’integrazione
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