“Non c’è nessuna giustificazione assennata per l’incostituzionale disparità di trattamento delle erogazioni economiche coloro che frequentano una scuola paritaria rispetto a coloro che frequentano la statale, pur a fronte della medesima situazione di bisogno economico” afferma Paola Macchi del M5S, tanto più che entrambe le Scuole (paritarie e statali) sono Pubbliche e che la libertà di scelta educativa in un pluralismo formativo è uno dei capisaldi dei Diritti Umani.
D’altronde dal 1948 questo Stato di diritto ci ha abituati all’impossibilità di passare dal “riconoscimento” alla “garanzia” del diritto e cosi l’art. 3 della Cost. “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” appare più che mai lettera morta.
Eppure ancora oggi si assiste alla discriminazione degli allievi, figli di famiglie che, volendo caparbiamente esercitare il diritto alla libertà di scelta educativa, hanno affermato questa libertà indirizzandosi verso la scuola pubblica paritaria. Discriminazione che appare feroce verso i figli dei poveri, che non possono scegliere.
E’ proprio la nostra Repubblica che ha riconosciuto loro questo diritto all’art. 3 della Cost., in un pluralismo educativo all’art. 33; l’Europa, con le Risoluzioni del 1984 e del 2012 lo ha espressamente richiesto; la dichiarazione universale dei diritti dell’uomo rivendica la libertà di scelta educativa sia per l’individuo che per la famiglia. Con queste scelte amministrative l’Italia si conferma la più grave e scandalosa eccezione in Europa per la non garanzia del diritto. Da notare: i diritti non sono mai qualcosa di collaterale, non solo per motivi etici, ma anche economici, poiché afferiscono alla sopravvivenza materiale stessa dell’umanità.
Si ribadisce che il contribuente che non sceglie la scuola pubblica statale regala allo Stato le imposte che paga per la stessa, la quale costa al cittadino circa 8.000,00 euro annui per alunno. Dunque – facendo i conti della serva – lo Stato incassa e l’imposta e la mancata spesa. Il contribuente, per essere libero di scegliere ciò che gli spetta (la scuola pubblica per il figlio) devolve e l’imposta e la spesa per la pubblica paritaria, che costa in media la metà della pubblica statale.
Un’Istituzione pubblica al servizio della Res-Publica non può più permettersi il lusso di compiere scelte contra legem e contro il diritto dei propri cittadini illudendosi che il vuoto che determina non si ritorca contro le stesse Istituzioni in ambito economico e politico.
La dote scuola in Lombardia cerca semplicemente di realizzare ciò che la esponente del M5S auspica – senza peraltro considerare le premesse di legge corrette – e tenta, seppur in minima parte, di ridurre la grave ingiustizia che da anni colpisce le famiglie italiane, soprattutto le meno abbienti, nell’atto in cui esercitano la propria libertà di scelta educativa – come lo Stato Italiano riconosce loro de iure nella Costituzione.
I tagli hanno colpito anche la dote scuola che passa da euro 29.000.000 per l’a.s. 14/15 a euro 28.000.000 per l’a.s. 15/16. Cosa cambia? Cambiano le fasce interne di distribuzione come segue:
Requisiti di reddito e valore economico del buono per l’a.s. 2015/16
ISEE |
Scuola Primaria |
Scuola secondaria di I grado |
Scuola secondaria di II grado |
0-8.000 |
€ 700 |
€ 1.600 |
€ 2.000 |
8.001-16.000 |
€ 600 |
€ 1.300 |
€ 1.600 |
16.001-28.000 |
€ 450 |
€ 1.100 |
€ 1.400 |
28.001-38.000 |
€ 300 |
€ 1.000 |
€ 1.300 |
Quando la famiglia sceglie una scuola pubblica paritaria, che al pari della scuola pubblica statale fa parte del sistema nazionale di istruzione, è costretta a pagare una seconda volta. La prima volta lo ha fatto con le imposte.
Allo Stato italiano: che serietà si manifesta nel riconoscere dei diritti che non si è in grado di garantire?
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