Come è noto, il tribunale di Torino ha respinto il reclamo del Miur contro la decisione che aveva di fatto riconosciuto alle famiglie il diritto di mandare i bambini a scuola portandosi il pasto da casa. La mensa, è stato detto, costa molto, ma è un modo troppo semplice per liquidare una questione che è molto più complessa di quel che a prima vista può sembrare.
Secondo la sociologa Chiara Saraceno, riporta il Velino.it, «si rischia di perdere non solo di vista, ma di fatto, alcune conquiste preziose in termini di solidarietà sociale e investimento nella crescita dei più piccoli. Trovo sorprendente che Miur, presidi, sovrintendenza scolastica, nell’opporsi a chi vuole mangiare a scuola il cibo portato da casa abbiano avanzato ogni sorta di impedimenti più o meno capziosi – dalla necessità di avere un luogo separato per evitare contaminazioni al costo dell’acquisto di micro-onde per riscaldare i pasti – senza mai accennare, per quanto mi risulta, alle questioni sostanziali».
«Garantire a tutti i bambini, indipendentemente dalle risorse della loro famiglia, almeno un pasto di elevato valore nutritivo e bilanciato al giorno e fare del momento del pasto un momento di educazione sia alimentare sia comportamentale».
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Anche Save the Children, scrive sempre Il Velino.it, su questa linea: “Capiamo le ragioni dei genitori, che si trovano ad affrontare rette che sono effettivamente alte e soprattutto disomogenee fra i Comuni nelle regole di accesso al servizio… però immaginare l’esclusione dal servizio dei figli delle famiglie che non pagano è una sconfitta per tutti, non una vittoria di qualcuno. I bambini hanno la necessità di mangiare insieme e la mensa ha una forte funzione di socializzazione ed educazione alla socialità. Noi chiediamo una maggiore partecipazione dei genitori e dei bambini alla mensa scolastica, con questa possibilità la partecipazione si allenterà inevitabilmente. Ripeto, capiamo le ragioni dei genitori, i dati sulla povertà assoluta usciti a luglio dicono che una famiglia su dieci con almeno un figlio minore non riesce a soddisfare il livello di consumi minimi per il paniere essenziale… l’impatto della mensa sulle famiglie è molto alto e tra l’altro proprio le famiglie più a rischio di esclusione sono quelle che non sanno della possibilità di agevolazioni o più penalizzate dal fatto che esse valgono solo per i cittadini residenti”.
Ma l’organizzazione per i bambini ha messo insieme per la prima volta i dati su dispersione scolastica, presenza della mensa e del tempo pieno a scuola. È emerso chiaramente un nesso fra i tre fenomeni: al crescere dell’offerta formativa (mensa e tempo pieno) decresce visibilmente la percentuale di dispersione scolastica. L’anno scorso le prime tre regioni con questo mix di fenomeni erano Puglia, Campania e Sicilia.
“Sono fenomeni in relazione, non ce n’è uno che sia solo causa e uno che sia solo effetto. È qualcosa di circolare, come accade anche rispetto alla domanda di asili nido e all’offerta di posti. Nel monitoraggio”, spiega Save the Children “abbiamo inserito una domanda per capire che impatto aveva l’assenza della mensa sulle famiglie, quasi il 90% delle famiglie ha detto che la famiglia avrebbe vantaggi se ci fosse mensa e il 67% lo manderebbe il figlio se ci fosse il servizio. Il 36% delle mamme ritengono che l’assenza della mensa comporti qualche problema nell’organizzazione familiare, ad esempio le mamme potrebbero lavorare se non dovessero andare a prendere i figli a scuola e preparare il pranzo… sono tutte cose in relazione”.
E viene aggiunto: “Attraverso il nostro programma di contrasto alla dispersione scolastica, Fuoriclasse, abbiamo potuto notare che dove le scuole restano aperte il pomeriggio, dove c’è partecipazione degli studenti e dei genitori, c’è un decremento della dispersione scolastica”.
“In un ambiente dove uno mangerà la pizza bianca e uno tutto un pasto. Abbiamo appena pubblicato un monitoraggio sull’acquisto dei libri, tutti questi episodi i bambini li vivono come fortemente discriminanti, si sentono a disagio rispetto al pasto completo o ai compagni che arrivano il primo giorno di scuola con tutti i libri nuovi. Questi vissuti sono una causa di un progressivo allontanamento dalla scuola, abbiamo raccolto tante testimonianze di come questo disagio porti ad arrivare a scuola in ritardo, prendere note per comportamenti non corretti… il disagio fa scattare dinamiche che portano sulla difensiva e a un progressivo allontanamento dalla scuola. Tutto ciò è un fattore di rischio rispetto alla dispersione scolastica. Vorremmo che ci fosse più omogeneità. Alcuni comuni assicurano un accesso più equo a tutte le famiglie e in altri territori no, perché ci sono meno soldi”.
E conclude: “Ci sono 77 milioni da fondi europei, fondi FEAD, destinati al rafforzamento delle mense scolastiche Nell’anno scolastico 2015-16 non sono stati utilizzati, non s’è fatto nulla”.