Personale

Senza Quota 100 in pensione più tardi. Ma non tutti

Tutto da decifrare il futuro delle pensioni. Il governo Conte sta pensa all’ipotesi di una riforma strutturale del sistema pensionistico che porti al superamento della Legge Fornero: si studia la possibilità di introdurre fin dal 2019 una quota 100 che consenta ai lavoratori di andare in pensione al raggiungimento dei 64 anni di età con 36 di contributi.

La quota 100, infatti, è quello strumento che consente di andare in pensione una volta che la somma dell’età anagrafica e degli anni dei contributi versati dà come risultato 100.

Nel caso proposto dal governo M5S-Lega, però, è stato deciso di prevedere una soglia minima anagrafica (64 anni).

Solo dal 2020, invece, dovrebbe essere estesa a tutti la quota 41, lo strumento con il quale si potrà andare in pensione indipendentemente dall’età anagrafica al raggiungimento di 41 anni di contributi.

C’è già in atto una prima modifica

In attesa della riforma, però, i requisiti per la pensione subiranno una variazione al rialzo a partire dal 1° gennaio 2019, visto l’adeguamento con le aspettative di vita rilevate dall’INPS, aumentate di 5 mesi, stabilito dalla Legge Fornero.

Il 4 aprile 2018 l’Inps ha pubblicato la circolare n.62 che fissa l’adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento agli incrementi della speranza di vita.

 

Nessun aumento dell’età pensionabile per le categorie usuranti

L’aumento dell’età pensionabile, però, non sarà per tutti. Ci sono delle categorie di lavoratori, infatti, che potranno accedere alla pensione di vecchiaia all’età di 66 anni e 7 mesi, purché però abbiano maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni (e non 20).

Si tratta dei lavoratori che per almeno metà della abbiano svolto un’attività considerata usurante; dei lavoratori che per almeno metà della carriera lavorativa o in almeno 7 anni degli ultimi 10 abbiano svolto dei turni notturni (di almeno 6 ore, per almeno 78 giorni l’anno); e dei lavoratori che per almeno metà della carriera lavorativa o in almeno 7 anni degli ultimi 10 abbiano svolto un lavoro tra cui troviamo gli insegnanti della scuola dell’infanzia, cioè coloro che lavorano nel sistema integrato 0-6.

La categorie dei lavoratori inserite tra quelle “usuranti”, dunque, sono:
  • operai dell’industria estrattiva,
  • operai dell’edilizia e della manutenzione degli edifici,
  • conduttori di gru o di macchinari mobili per la perforazione nelle costruzioni,
  • conciatori di pelli e pellicce,
  • conduttori di convogli ferroviari e personale viaggiante,
  • conduttori di mezzi pesanti e camion,
  • personale delle professioni sanitarie infermieristiche ed ostetriche ospedaliere con lavoro organizzato in turni,
  • addetti all’assistenza personale di persone in condizioni di non autosufficienza,
  • insegnanti della scuola dell’infanzia ed educatori degli asili nido,
  • facchini e addetti allo spostamento merci,
  • personale non qualificato addetto ai servizi di pulizia,
  • operatori ecologici e altri raccoglitori e separatori di rifiuti,
  • operai agricoli,
  • marittimi, pescatori
  • operai siderurgici di seconda fusione.

Non basta, però, avere svolto un lavoro usurante, ma per ottenere la pensione anticipata bisogna avere un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e avere 61 anni e 7 mesi.

Inoltre devono avere almeno sette anni negli ultimi dieci di attività lavorativa, compreso l’anno di maturazione dei requisiti, per le pensioni che hanno decorrenza entro il 31 dicembre 2017 e almeno la metà della vita lavorativa per le pensioni con decorrenza dall’1 gennaio 2018 in avanti.

Andrea Carlino

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