È noto che nel diritto privato i contratti di scambio si basano sul principio del “do ut des”, mentre, dove la contrattualità è ignorata, esiste la regola del “manus manum lavat” , nel senso che una mano lava l’altra e se tu fai un favore a me, poi io, quando sarà possibile, te lo rendo. Il principio che ispira il documento della Buona Scuola è proprio quello di ignorare l’esistenza basilare del contratto, proponendo, con vaghe ed incerte promesse, lo scambio diretto di favori tra “lavoratori” e “Stato”.
Questo “papello” della Buona Scuola si potrebbe definire il tentativo di svolgere una trattativa, alla luce del sole, Stato-lavoratori. Evidentemente, a quanto pare, lo Stato attraverso le sue articolazioni governative ha acquisito una particolare esperienza nelle trattative, e quindi scavalcando i tavoli della concertazione e della contrattazione, vorrebbe trattare direttamente con tutti i lavoratori della scuola.
Per questi motivi il contratto della scuola rischia di essere definitivamente superato, dalla proposta di legge “La Buona Scuola”, in cui si tenta di fare passare un messaggio omertoso, che non si fonda sulle basi del diritto.
Qual è questo messaggio omertoso? Si tratta di un messaggio volto ad annientare i sindacati e il potere contrattuale dei lavoratori, promettendo agli insegnanti e al personale scolastico, che sarà in grado di raccogliere molti crediti, di avere, almeno una parte di loro, un piccolo aumento di stipendio. Siamo alla follia e forse anche fuori da ogni dettato costituzionale, in sostanza si sta cercando di scardinare le più elementari regole del mondo del lavoro, creando sconcerto e caos. Ma allora cosa dovrebbe fare il governo Renzi per cambiare in meglio la scuola italiana? Secondo il principio del “do ut des” dovrebbe rinnovare urgentemente il contratto della scuola. Soltanto attraverso un buon contratto si potrà chiedere qualche aumento di carico di lavoro per gli insegnanti e il personale scolastico. Ma cosa dovrebbe contenere questo contratto di vantaggioso per i lavoratori? Si dovrebbero trovare subito, e non fra quattro anni, delle risorse economiche aggiuntive per aumentare sostanzialmente gli stipendi degli insegnanti. Infatti bisogna dire che un insegnante motivato, ben retribuito e che abbia la giusta considerazione sociale, è il presupposto necessario per innalzare il livello della qualità dell’insegnamento. In buona sostanza, per usare uno slogan tanto caro a Renzi, bisogna cambiare verso, partendo dal riconoscimento del ruolo degli insegnanti e dalla rifondazione del nostro sistema scolastico. Bisogna fare emergere, stimandolo in ore effettive di lavoro, tutte quelle attività individuali funzionali all’insegnamento che ogni singolo docente svolge ogni anno scolastico. Stiamo parlando della preparazione delle lezioni, delle verifiche, della correzione dei compiti, delle programmazioni.
Si deve riconoscere agli insegnanti, in termini di tempo e di aumenti salariali, tutto il lavoro che realmente svolgono, si deve riconoscere anche, come avviene in tutta Europa, il valore dell’anzianità del servizio, soltanto dopo si può differenziare una parte di stipendio sulla base del merito. Ma sul merito servono criteri oggettivi per la sua valutazione, che non potranno mai arrivare dalla misera ed omertosa richiesta del “manus manum lavat”. Se si vuole veramente una buona scuola, serve avere insegnanti felici e motivati, perché la scuola viene fatta dai docenti e non certo da colui o coloro che dovrebbero giudicarli.