E’ sopravvissuto al regime dittatoriale di Pinochet, alla detenzione e alle torture nelle carceri cilene in quegli anni tetri nel Paese sudamericano, ma non ce l’ha fatta contro il Covid-19. Vittima del terribile virus e forse “metaforicamente” di quel neoliberismo che combatteva.
E’ morto a 70 anni Luis Sepulveda, lo scrittore cileno che ha avuto una vita avventurosa e piena di impegno sociale, culturale, politico, sempre contro l’oppressione e a favore dei più deboli e dell’ambiente.
Nato in Cile il 4 ottobre 1949, in una città che si chiama Ovalle, era cresciuto nella città portuale di Valparaiso accanto al nonno, anarchico andaluso, scappato dall’Europa (i genitori di Luis infatti erano stati costretti a loro volta a fuggire a seguito di una denuncia, sempre per motivi politici, contro suo padre). Da giovane andò in Bolivia e divenne membro dell’Esercito di liberazione nazionale (forse “ispirato” da Ernesto Guevara? Del quale in un suo racconto Luis Sepulveda ripercorre le ultime ore che precedettero la morte del “Che” in Bolivia).
Ritornato in Cile gli viene assegnato un ruolo di scorta del Presidente della repubblica Salvador Allende (in effetti questo era stato l’incarico affidato ad un gruppo di militanti della “Gioventù socialista”, di cui Luis faceva parte) ma lo stesso Sepulveda dirà che il presidente considerava questi giovani prima di tutto dei “consiglieri”. Guidava un governo di coalizione (formato da socialisti, comunisti, radicali e cattolici di sinistra, che si erano presentati nelle elezioni del 1970 come “Unidad Popular”, appoggiati da gran parte del popolo e da intellettuali come il grande poeta cileno Pablo Neruda) Salvador Allende, presidente socialista (che aveva una visione critica del comunismo sovietico applicato anche agli Stati del Patto di Varsavia, mentre dimostrava – lo affermò lo stesso Sepulveda in una intervista a Elena Torre sul sito “Mangialibri” – un atteggiamento favorevole e buoni rapporti con Cuba, sapendo in ogni caso che si trattava di un contesto differente) eletto democraticamente e morto nel golpe militare del settembre 1973, che portò a capo del governo dittatoriale Augusto Pinochet (autonominatosi presidente), che era un ammiratore del dittatore filo-fascista spagnolo Francisco Franco.
Dopo il colpo di stato militare Sepulveda fu condannato ad una durissima prigionia e subì torture. Quando intervenne Amnesty International venne scarcerato e ricominciò a fare teatro non rinunciando al suo impegno per la libertà ed ispirato dalle sue convinzioni politiche. Pertanto, fu nuovamente arrestato e data la notorietà del personaggio, anziché ucciderlo e magari farne sparire il corpo come avvenne per tantissimi desaparecidos cileni (fenomeno analogo ci fu negli anni successivi durante la altrettanto criminale dittatura argentina), la giunta militare lo processò ufficialmente infliggendogli una condanna all’ergastolo, che sempre su pressione di Amnesty International fu poi commutata nella pena di otto anni d’esilio. In tutto Luis Sepulveda trascorse due anni e mezzo nelle carceri cilene, dove si praticava la tortura e l’annientamento degli oppositori (o magari solo di coloro che si sospettava potessero essere di intralcio alle nefandezze di quel regime).
E purtroppo Sepulveda ha dovuto pure sentire l’elogio fatto recentemente al “golpe” di Pinochet dall’attuale discusso presidente brasiliano Bolsonaro, leader di un governo autoritario che tra l’altro si è distinto nell’opera di deforestazione dell’Amazzonia (in America Latina in questi anni è nuovamente diventato allarmante il pericolo di una “restaurazione”, di governi di destra – ovviamente e per fortuna non certo paragonabili alle dittature degli Anni ’70 – che fanno gli interessi delle classi sociali privilegiate, a discapito delle esperienze, quasi sempre positive per la parte più povera della popolazione, del socialismo bolivariano).
A proposito di Pinochet (e delle amarezze che hanno dovuto subire Sepulveda e tutti i cileni che, ripristinata la democrazia nel loro Paese, speravano in un atto di giustizia dopo i soprusi e i lutti patiti durante il regime criminale) va infine ricordato il mandato di arresto che era stato emesso nel 1998 dal giudice spagnolo Garzòn (mentre il generale golpista si trovava a Londra) per crimini contro l’umanità (le accuse includevano anche 94 casi di tortura contro cittadini spagnoli). Ebbene, in quell’occasione Margaret Thatcher, già in precedenza premier britannico (quando introdusse una deregolamentazione del settore finanziario, del mercato del lavoro flessibile, della privatizzazione delle aziende statali e una riduzione dell’influenza dei sindacati) lanciò numerosi appelli all’allora governo britannico affinché a Pinochet, cui già in passato non aveva lesinato attestazioni di amicizia, fosse permesso un immediato ritorno in Cile. E alla fine così fu…
Ma ritorniamo alla vita avventurosa di Luis Sepulveda: uscito dalle carceri cilene, si reca in alcuni Paesi sudamericani. In Amazzonia, dove alla fine degli Anni ’70 – come leggiamo in una pagina di “adnkronos” – visse per sette mesi in contatto con gli indios Shuar, scoprendone le abitudini e i ritmi di vita improntati al profondo rispetto per la natura (da lì sviluppò un’etica ecologista che lo portò successivamente a combattere diverse battaglie ambientaliste condotte anche con Greenpeace, etica ecologista abbinata alla lotta contro il modello economico neoliberista). A questa esperienza, peraltro, è ispirato “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, suo primo romanzo nel 1989.
Dieci anni prima, nel 1979, Sepulveda si era unito alle Brigate Internazionali Simon Bolivar, appoggiando il Movimento sandinista che combatteva in Nicaragua. Poi si trasferì in Europa e dal 1996 viveva in Spagna a Gijon. Ma sono stati sempre molto stretti i suoi rapporti con l’Italia, che lo scrittore latinoamericano amava molto; tra l’altro ha ricevuto la laurea honoris causa dall’Università di Urbino (e in Francia da quella di Tolone).
Sepulveda ha pubblicato una trentina di libri tra romanzi, raccolte di racconti e narrazioni di viaggio, scrivendo con una sorta di “delicatezza” e “leggerezza” anche quando si sofferma su cose dolorose o fa riflessioni dure su alcuni aspetti del mondo in relazione a comportamenti profondamente sbagliati, esprimendo un’intensa vena favolistica, unita a una intelligente ironia.
Abbiamo accennato al libro “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore” e chiaramente va anche ricordato il racconto pubblicato nel 1996 che ha dato tanta notorietà a Luis Sepulveda, “Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare” (che ispirò Enzo D’Alò, il quale due anni dopo diresse un cartone animato che bambini e adulti hanno apprezzato).
Il grande scrittore cileno credeva nella forza che la scrittura era in grado di sprigionare, nel messaggio che ne poteva scaturire.
Scrittore, esule, guerrigliero in nome dell’idea socialista bolivariana, in difesa della libertà e dei diritti umani e civili.
È partito il 21 scorso alle 15,10 da Torino Porta Nuova il "Sicilia Express", il…
Una aspirante partecipante al concorso ordinario PNRR 2024 della scuola primaria e infanzia, ci chiede…
Il 19 dicembre 2024 segna un passo decisivo per l’organizzazione del concorso docenti. Con una…
Una docente precaria con un contratto a tempo determinato da parte del dirigente scolastico fino…
Finita la scuola, a giugno, molte famiglie potrebbero essere in diffcoltà perchè non avranno la…
La grammatica valenziale insegna a comprendere la struttura della frase ragionando sui legami tra parole,…