A scuola Sergio Marchionne era il primo della classe, ma non lo faceva pesare: anzi, aiutava i compagni. Lo ha detto all’Ansa il signor Luciano Gentile, raccontando i suoi anni di scuola elementare a Chieti, con accanto l’amministratore delegato Fca , scomparso a 66 anni in una clinica di Zurigo dopo le complicazioni per un’operazione alla spalla di fine giugno.
“Non faceva pesare agli altri la sua bravura”
Era l’inizio degli anni Sessanta, racconta Gentile: “dei 35 compagni di scuola della terza elementare che frequentavamo la scuola Nolli, Sergio Marchionne e io, nel ’61, eravamo compagni di banco e ci divertivamo a giocare a pallone a fare delle sostanziose merende da veri golosi”.
“Era il primo della classe, ma non si montava la testa – prosegue l’abruzzese – né faceva pesare agli altri la sua bravura, anche se aveva tanti dieci in pagella: per questo il maestro Antonio Viola lo aveva nominato capoclasse e lo voleva sempre vicino a lui nelle fotografie di classe. Già da allora si capiva che era uno capace di prendere le redini e di guidare gli altri, ma sempre senza essere borioso. Era anche ‘il mio amico del cuore’ che spesso mi lasciava copiare… E gliene sono stato sempre riconoscente”.
“Tifava già la Juventus, forse”
“Eravamo entrambi golosi e buone forchette: a volte ci scambiavamo i panini della merenda che portavamo a scuola. Una volta ricordo che gli piacque moltissimo il mio panino con la salsiccia in cambio del quale mi diede un panino con dentro un quadrato di cioccolata. Poi volentieri veniva a casa mia il pomeriggio a fare merenda dopo la partita di calcio: spesso non ci bastava il pane con il pomodoro e allora mia mamma ci riscaldava gli spaghetti. Ricordo anche quando andai a casa sua in Via Galliani per scambiare le figurine: mi sembra che già tifasse per la Juve, ma potrei ricordare male…”.
“Avrei tanto voluto rivederlo…”
“Non l’ho più visto da allora – conclude Luciano Gentile – ma quando ho saputo dalla televisione che grande manager era diventato, sono stato molto contento e orgoglioso. Se lo meritava. E sapendo che c’era lui alla Fiat, ho acquistato ancor più volentieri l’ultimo modello della Cinquecento. Ho sempre chiesto di lui nella concessionaria Fiat di Chieti…”.
“Avrei tanto voluto rivederlo, e ora mi resta il rammarico di non essere riuscito a farlo”, conclude con amarezza e gli occhi lucidi il compagno di classe di Sergio Marchionne.