Ormai si parla solo di “buona scuola” ma di cosa sia la scuola e a cosa serva pare non riguardi nessuno. Già perché la buona scuola alla fine è contrapposta a quella cattiva; esiste la buona scuola delle aree metropolitane, dei quartieri “per bene”, la scuola polo, la scuola che progetta, e poi, quella “cattiva”, dei quartieri a rischio, delle aree defraudate, delle piccole isole e dei piccoli comuni montani (anzi queste erano “brutte e cattive” e la Gelmini le ha soppresse con la sua riforma).
Ci si dimentica facilmente di queste realtà dove gli alunni spesso hanno un nucleo familiare così composto: la madre che spesso di lavoro fa la prostituta, il padre (se lo conoscono) che sconta qualche anno in galera, alcuni che vivono in casa famiglia, altri ragazzi che spesso giocano a fare gli spacciatori o a tempo perso usano armi…
Vi assicuro, non sono poche queste scuole “brutte”, queste scuole dette a “rischio”, sono anch’esse scuole pubbliche.
Eppure tutte le mattine degli insegnanti certamente “brutti” vanno a lavorare in questi luoghi, sperando anche di portare un po’ di “buon” esempio e di legalità.
Non danno lezioni, avulsi da quel contesto, quindi poco Manzoni e Leopardi perché questi, in fondo, erano dei privilegiati, s’insiste su una letteratura considerata minore: Capuana, Verga, Di Giacomo, Eduardo. Eppure, x i brutti alunni di una brutta scuola sono gli autori migliori, quelli che li riscattano, il segno che lo studio può servire davvero a pensare a un domani migliore. Lo studio appunto, non indici di gradimento, non docenti tipo, non alunni tipo; lo studio con le Lim o come si riesce a fare, viste le poche risorse, lo studio nelle “classi scomposte” di fatto, dove questa è la norma e non una metodologia d’avanguardia. In tutto ciò gli alunni si abitueranno ad autorientarsi nella scelta dei curriculi forse attraverso un “mi piace”, come fanno su facebook, quale sia il criterio di selezione con cui consapevolmente si giunga a questa scelta sfugge.
Dovrei essere giudicata da questi alunni? Sarebbe una gara impari per i fautori della “buona scuola”… Stravincerei. Per ognuno di quelle facce io rappresento una via di fuga, un mecenate, una persona speciale… Tengo i loro cuori, non il loro numero e loro ne sono consapevoli.
La scuola è anche questa; per alcuni è un’oasi dove conoscono l’ordine e dove la campanella propina certezze, dove se bussano alla porta entrano i bidelli, no gli strozzini o qualcuno armato; questa brutta scuola è una fucina educativa, non butta i ragazzi per strada, non li fa delinquere, non gli impedisce di coltivare il loro sogno.
Come fa la politica a non conoscere la propria realtà, come fa lo Stato a parlare di scuola solo in parte dando per scontato che tutti in questo Paese siano uguali? Questi studenti di chi sono?
Si parla di scuola come se fosse un’unica realtà, una scuola fatta di numeri e di format e di standard, senza guardare tutto quello che ci sta attorno: il degrado, la mancanza di servizi, il vuoto istituzionale, considerando tutto numeri e budget!
In queste scuole lo Stato sono proprio i docenti.
Secondo alcuni la scuola dovrebbe invece servire a costruire delle aziende con profitto ed altre destinate al fallimento; lo Stato che utilizza la scuola per precostituire la società, per creare una teoria della razza edulcorata, distinta in buoni e cattivi, con slogan che predicano di riforme e cambiamenti.
Sarebbe questa la modernità post gentiliana, riforma tanto criticata per aver rimarcato la differenza tra i licei ed i professionali, questa specie di riforma vestita da “buona scuola” che di buono ha solo il nome e altro non è che un “giudizio universale” della nuova società.
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