Trovare un lavoro in Italia con la laurea? L’Eurostat ha analizzato il tasso occupazionale a livello europeo dei diplomati e dei laureati ed i dati della ricerca sono abbastanza negativi per l’Italia.
Conta, dunque, il “pezzo di carta”? Investire 3 o 5 anni della propria vita negli studi universitari serve ancora a qualcosa o è dunque potenzialmente una perdita di tempo, oltre che di denaro?
“In determinati settori è indubbio che sì, c’è una certa difficoltà nell’inserire delle figure professionali altamente specializzate, laddove le imprese non hanno un’esigenza tale da giustificarne la pronta assunzione” ha spiegato Carola Adami, fondatrice e CEO della Adami & Associati, società di selezione del personale di Milano.
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“Come si diceva durante gli anni più bui della crisi, dunque, gli studi universitari, le specializzazioni e i master possono diventare in specifici casi degli ostacoli nel complesso processo di ricerca del lavoro. Ma va sottolineato che il dato generale è diverso, in quanto in Italia la laurea è ancora un valore da spendere con vantaggio sul mercato del lavoro”.
Le statistiche di Eurostat ci dimostrano che gli studi costituiscono ancora una marcia in più sul mercato del lavoro: tra i laureati triennali, il 68% trova un lavoro ad un anno dalla discussione della tesi, mentre il dato si alza al 71% per quanto riguarda le lauree specialistiche. Allargando lo sguardo, poi, si scopre che nella fascia di età tra i 20 e i 64 anni i laureati sono occupati nel 78% dei casi, mentre risulta occupato solo il 65% di chi può vantare unicamente un diploma di maturità.
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“Sicuramente in Italia le difficoltà incontrate da molti neolaureati a trovare una prima occupazione è dettata prima di tutto dal tipico tessuto imprenditoriale italiano, costituito soprattutto da Pmi che, a differenza delle imprese più grandi, non attuano ovviamente ampie campagne di assunzioni” spiega Carola Adami, aggiungendo che “un altro fattore che pesa gravemente sulle possibilità dei laureati più specialistici è poi il ritardo italiano sul fronte dell’innovazione: sono ancora troppo flebili gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, e questo ovviamente rende difficile l’assunzione delle figure ad alto tasso di qualifiche”.
Le lauree in Medicina e nella professioni sanitarie restano tra le più richieste, accompagnate da oculate specializzazioni in Economia, Statistica ed Ingegneria.
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