Nonostante la continua, ridondante affermazione dei diritti umani e del primato dell’infanzia, a livello politico, sociale ed educativo, si fa sempre più fatica a creare ambienti educativi idonei al positivo sviluppo di tutti i bambini ed a programmare interventi orientati alla valorizzazione della scuola dell’infanzia.
Si può dire che nella nostra società digitale, apparentemente viva e dinamica, manchi una adeguata progettazione esistenziale ed una corretta riflessione pedagogica, capace di allargarsi sino a farsi politica del bambino e per il bambino.
Da questa situazione, per certi aspetti incongruente sul piano pedagogico, nascono urgenze precise per la determinazione e il recupero di una cultura e di una politica educativa che fornisca le risorse necessarie per risolvere, senza scadere nell’improvvisazione, i problemi e le lacune non lievi, che la nostra società si trova
davanti nel suo insieme.
Sembra perciò utile tornare ad insistere sull’opportunità di una cultura dell’infanzia, di un impegno progettuale ben definito, sempre più sensibile a tutte le necessità del bambino, anche alle più profonde, sì che sia possibile accostarsi in maniera giusta e autentica al suo mondo, che è un mondo di libertà, spontaneità, creatività e che, spesso, rimane nascosto o offuscato da una realtà pedagogicamente difficile da interpretare ed effettivamente carente nella costruzione di spazi di crescita tendenti a favorire il complesso dispiegamento della vita.
Ciò impone la necessità di predisporre, in ogni ambito della vita sociale, sanitario, culturale, educativo e ricreativo, le condizioni migliori per un disegno organico, pedagogicamente efficace, in grado di operare ed agire per il bene e la tutela dei bambini, di porsi al loro servizio, proteggerli e seguirli nel loro itinerario di crescita.
Questo nostro ambiente artefatto, privo di cure educative valide ed estraneo a progetti formativi fecondi, capaci di inserire la personalità in formazione in una dinamica di rapporti universali, ha difficoltà ad organizzare ambienti a misura del bambino che, invece, chiede e richiede spazi e condizioni di accoglienza come si conviene ad una persona che si appresta a vivere ed a conoscere il mondo.
In pratica, troppe sono le insidie quotidiane contro l’esistenza, contro la specificità di un mondo, quello infantile, che necessita di competenze pedagogiche e psicologiche in grado di promuovere atteggiamenti e comportamenti validi per aiutare il bambino a conquistare la propria dignità.
Indifeso rispetto ad alcuni incomprensibili meccanismi esistenziali, il bambino, spesso, si ritrova abbandonato in un mondo oscuro e complesso che non riesce a suscitare gesti di accoglienza, di disponibilità, di tensione premurosa e operosa nei confronti della personalità infantile.
Deprecare questo stato di cose, tuttavia, non basta. È necessario, per superare le povertà attuali e cogliere nel suo significato il senso globale e autentico della persona, arricchirsi di tutte quelle esperienze e conoscenze indispensabili per affrontare con maggiore sensibilità e con senso di responsabilità i bisogni legati ad una specifica stagione e condizione della vita.
Si tratta di creare le condizioni necessarie per favorire lo sviluppo di precipui criteri operativi adeguati ai bisogni concreti del bambino e vicini alla sua dimensione esistenziale.
In pratica, se la nostra civilizzata società vuole davvero rinnovarsi o ricostruirsi come “cultura”, come universo di valori, deve riscoprire e riconoscere le esigenze poste dalla stessa età infantile ed aiutare il bambino a crescere e ad affrontare i problemi in una dimensione chiaramente pedagogica.
Certo non è un problema da poco avviare una congrua strategia di sostegno che possa offrire ai piccoli situazioni umanamente più ricche ed assicurare in ogni contesto la necessaria “profondità di respiro”, se si pensa, soprattutto, alle incongruenze e alle inadempienze di ordine legislativo, amministrativo, politico e burocratico che caratterizzano la base e il vertice della complessa macchina istituzionale.
Tuttavia, non può sembrare inutile riflettere sulla opportunità di promuovere nuove modalità d’intervento, che consentano alle istituzioni che, per vari motivi, entrano in relazione con i bambini, di contribuire responsabilmente, con competenza ed impegno, al riconoscimento del valore supremo della persona umana.
Del resto, soltanto una società teleologicamente ben definita può esercitare una funzione insostituibile che consiste, appunto, nella capacità di esprimere particolari attenzioni e significative sollecitazioni verso un progetto di sviluppo della personalità.
Una società qualificata e consapevole dei suoi compiti educativi deve mantenere sempre vivo il contatto con i bambini, deve mettere in moto, nelle sue svariate articolazioni e forme, preziosi ed insostituibili percorsi di crescita.
Possiamo dire che ogni ambiente, anche quello ospedaliero, deve essere fonte perenne di sviluppo cognitivo, intellettuale, morale, sociale e costituisce un ambito di tirocinio e di esperienze in cui si realizza la capacità del bambino di agire e di capire, di avvertire e di
comunicare, di leggere la realtà e di organizzare le proprie risposte alle suggestioni dell’ambiente.
Per questa ragione ci preme sottolineare la necessità che il bambino o, meglio, l’uomo che sta vivendo il momento della sua infanzia, venga sollecitato a rinforzare la sua fiducia di base per favorire un più vivo, dinamico e positivo contatto con il mondo che lo circonda.
Sarebbe sicuramente bello se, anche a livello scolastico, la nostra civiltà restituisse all’infanzia tutto lo spessore culturale che le è proprio, la profondità e l’ampiezza di una educazione autentica e intimamente legata a tutto ciò che per il bambino può essere oggetto di esplorazione, scoperta, conquista.
Fernando Mazzeo