Dopo la doccia fredda dello scorso dicembre, quando sembrava che la Corte di Cassazione avesse chiuso definitivamente il discorso circa la valutabilità dei servizi di insegnamento prestati presso le scuole paritaria, sia ai fini della mobilità che della ricostruzione di carriera, è finalmente arrivata una notizia, attesa da molti addetti ai lavori e, ovviamente, da migliaia di docenti.
Dopo che, all’indomani delle pronunce della Cassazione, la giurisprudenza di merito si era adeguata al principio di diritto ostativo alla valutabilità di detti servizi, senza peraltro prendere in considerazione né la questione pregiudiziale comunitaria, né la questione di costituzionalità sollevata nei ricorsi, ecco che, con ordinanza del 9 novembre scorso, la Corte d’Appello di Roma ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata – ed era ora – la questione di legittimità costituzionale dell’art. 485 d.lgs. n. 297/1994 per contrasto con l’art. 3 Cost., rimettendo la questione alla Corte Costituzionale.
Per superare le conclusioni cui era pervenuta la Corte di Cassazione lo scorso anno, i giudici della Corte d’Appello di Roma sono partiti dalla ricostruzione del quadro normativo che regola le scuole non statali, evidenziando, in particolare, che la finalità prioritaria della legge 62/2000 sulla parità scolastica è “l’espansione dell’offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita”.
Secondo la legge 62/2000, ottenuto il riconoscimento, le scuole “paritarie” erogano un servizio pubblico, in quanto sono connotate dalla perfetta equivalenza degli studi, degli esami e dei titoli da loro rilasciabili rispetto a quelli corrispondenti delle scuole pubbliche statali e sono soggette alla permanente vigilanza del Ministero dell’Istruzione.
Con il decreto legge 250/2005 convertito in legge 27/2006, a decorrere dal 05/02/2006 le scuole non statali possono essere soltanto “paritarie” oppure non paritarie; pertanto, per ottenere la perfetta equivalenza o equipollenza degli studi, degli esami e dei titoli da loro rilasciabili rispetto a quelli corrispondenti delle scuole pubbliche statali, le scuole non statali devono chiedere ed ottenere il riconoscimento della parità ai sensi della legge n. 62/2000.
Orbene, prosegue la Corte, nel periodo fino all’anno scolastico 2005/2006, ai sensi dell’art. 485 d.lgs. n. 297/1994 tale riconoscimento sarebbe spettato soltanto per i servizi prestati presso le scuole di istruzione secondaria “pareggiate” (rimaste giuridicamente rilevanti con quale qualificazione fino all’anno scolastico 2005/2006).
Dal 05/02/2006, invece, tale riconoscimento dovrebbe essere ammesso per i servizi prestati – oltre che presso le scuole pubbliche statali – presso le scuole di istruzione secondaria “paritarie”, altrimenti si verificherebbe un’interpretatio abrogans di quella parte dell’art. 485 cit., che si riferisce testualmente alle scuole “pareggiate”, ormai non più giuridicamente esistenti con tale qualificazione. In tal senso, il riconoscimento del servizio di docenza non di ruolo resterebbe, infatti, limitato a quello prestato presso le scuole pubbliche statali.
Quest’ultima conclusione sarebbe del tutto irragionevole, perché contraria alla ratio dell’art. 485 cit., che era quella di valorizzare la funzione di docenza svolta –nel periodo di “precariato” – non solo presso le scuole pubbliche statali, ma altresì presso scuole che potevano e dovevano essere considerate equivalenti alle scuole pubbliche statali.
Secondo i giudici d’appello di Roma, sarebbe irragionevole e pertanto in contrasto con l’art. 3 della Costituzione ammettere il riconoscimento del servizio di docente non di ruolo prestato presso le scuole “pareggiate” fino ad una certa data ed escluderlo, invece, per il periodo successivo solo perché tali scuole –a suo tempo “pareggiate” – non hanno più tale qualificazione giuridica e quindi non sono più titolari di una concessione di “pareggiamento”, divenuta ormai priva di effetto.
Inoltre, secondo l’ordinanza in commento, vi sarebbe una sostanziale omogeneità dei requisiti riguardanti il docente nelle scuole un tempo “pareggiate” ed in quelle attualmente “paritarie”.
Il livello di preparazione e di professionalità espresso da docente al momento della sua assunzione, sarebbe infatti del tutto omogeneo, se non proprio identico, in coerenza con il dettato di cui all’art. 33, comma 4, Cost., a mente del quale il legislatore deve dettare una disciplina idonea ad assicurare non solo alle scuole non statali la piena libertà, ma anche ai loro alunni “un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali”.
Inoltre la norma di cui all’art. 2, comma 2, del D.L. n. 255/2001, che prevede la piena valutabilità del servizio prestato nelle scuole paritarie ai fini dell’aggiornamento delle graduatorie permanenti, sarebbe espressione dell’equivalenza fra scuole paritarie e scuole pubbliche statali, tenuto peraltro conto che siffatta valutazione consente l’immissione in ruolo tramite le graduatorie medesime.
Circa la lettura proposta dalla Cassazione dell’art. 485 d.lgs. n. 297/1994, i giudici d’appello romani ritengono che questa si porrebbe in contrasto con l’art. 3 Cost., a causa della ingiustificata ed irragionevole disparità di trattamento che verrebbe realizzata rispetto sia al servizio non di ruolo prestato presso scuole pubbliche statali, sia al servizio non di ruolo prestato presso scuole “pareggiate” nel periodo fino all’anno scolastico 2005/2006, sia al medesimo servizio non di ruolo prestato presso scuole paritarie, rilevante ai fini dell’integrazione delle graduatorie permanenti e, quindi, della potenziale assunzione in ruolo a tempo indeterminato.
Per questi motivi la Corte d’Appello di Roma ha quindi inviato gli atti alla Corte Costituzionale, affinché si pronunci circa la sussistenza o meno di un contrasto tra l’art. 485 d.lgs. n. 297/1994 con l’art.3 della Costituzione.
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