Si apre uno spiraglio che ridà speranza alle migliaia di docenti che prima di accedere alla scuola statale, hanno prestato anche parecchi anni di servizio di insegnamento presso le scuole paritarie.
Dopo le note pronunce della Corte di Cassazione del 2019, sembrava che la Corte Costituzionale nel 2001 avesse dato il colpo di grazia alle aspettative di quanti rivendicavano la valutazione dei servizi prestati presso le scuole paritarie ai fini della carriera nella scuola statale.
Sia la Corte di Cassazione che la Corte Costituzionale avevano infatti nettamente negato siffatta possibilità, sulla scorta della sostanziale differenza del rapporto di lavoro tra il personale assunto presso datori di lavoro privati, quali gestori delle scuole seppure riconosciute come paritarie dalla legge 62/2000, ed il personale reclutato nella scuola statale.
La stessa Corte di Cassazione aveva anche ritenuto insussistenti nella normativa interna possibili profili di contrasto con il diritto comunitario, negando la rimessione della questione alla Corte di Giustizia.
Il Tribunale di Padova infatti, condividendo le argute tesi difensive degli avvocati Nicola Zampieri e Walter Miceli, ha approfondito la lettura delle disposizioni normative contenute nel D.Lvo 297/1994 (il Testo unico sulle norme in materia di istruzione) che negano la riconoscibilità dei servizi prestati nella scuola paritaria ai fini della carriera, rilevando dei profili di possibile contrasto con il diritto comunitario e, conseguentemente, ha rimesso la questione alla Corte di Giustizia europea.
Secondo il Giudice del lavoro di Padova infatti, la pur autorevole interpretazione della Cassazione della normativa interna, fa tuttavia sorgere il dubbio sulla compatibilità dell’art. 485 del D.Lvo 297/1994 con il principio eurounitario di non discriminazione.
Infatti, il mancato computo del servizio svolto presso le scuole paritarie penalizza, sotto il profilo delle condizioni economiche, gli insegnanti che hanno lavorato con rapporti a termine nelle scuole paritarie, rispetto ai docenti che hanno svolto lo stesso servizio (e quindi maturato la medesima esperienza lavorativa) con contratti a tempo indeterminato nelle scuole statali, per il fatto che, pur svolgendo identiche mansioni, non hanno superato un concorso per l’accesso alla pubblica amministrazione.
In effetti, secondo il Tribunale di Padova, dalla lettura dei precedenti della Corte di Giustizia emerge che la disparità di trattamento non può essere mai giustificata da una norma di legge generale e astratta, come l’art. 485 del TU. n. 297/94, o dalle diverse modalità di reclutamento dei docenti statali a tempo indeterminato rispetto ai docenti delle scuole paritarie o dalla natura privata del datore di lavoro nelle scuole paritarie, in quanto tali elementi non contraddistinguano le modalità di lavoro, né attengano alle caratteristiche delle mansioni svolte.
Accertato che non sussiste alcuna differenza tra le funzioni, la formazione, i servizi e gli obblighi professionali di un insegnante a tempo indeterminato della scuola statale e quelli di un insegnante a tempo determinato delle scuole paritarie, a parere del Tribunale di Padova appare inconferente la diversità o la natura privata del precedente datore di lavoro (il gestore della scuola paritaria), in quanto l’art. 485 riconosce espressamente la computabilità dell’insegnamento svolto presso differenti datori di lavoro, sia pubblici, come le scuole materne comunali, che privati, come le scuole pareggiate, parificate, sussidiate e popolari e gli educandati.
Il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio, sulla base di un contratto di lavoro a tempo determinato svolto alle dipendenze di altro datore di lavoro, non pare configurare pertanto una ragione oggettiva idonea a giustificare il diverso trattamento.
La Corte di Giustizia UE dovrà quindi valutare siffatta discriminazione tra dipendenti a termine delle scuole paritarie e dipendenti a tempo indeterminato delle scuole statali anche alla luce del principio della parità di trattamento, che costituisce un principio generale del diritto dell’Unione.
Se dopo la duplice doccia fredda delle sentenze della Cassazione e della Corte Costituzionale, si era bloccato il copioso contenzioso che era stato avviato da migliaia di docenti che rivendicavano la valutazione dei servizi prestati presso le scuole paritarie, alla luce della rimessione della questione alla Corte di Giustizia la partita certamente si riapre.
Infatti, qualora la Corte di Giustizia UE dovesse confermare i dubbi sollevati dal Tribunale di Padova, e dichiarare che la disposizione che non riconosce detti servizi si pone in contrasto con i principi comunitari, il contenzioso ripartirà sicuramente ancora più copioso.
Migliaia di docenti infatti, potrebbero rimettere in discussione la ricostruzione di carriera effettuata dall’Amministrazione senza la valutazione dei servizi – anche di diversi anni – prestati nelle scuole paritarie, con il conseguente ricalcolo dell’intero trattamento economico ricevuto negli anni, ed il pagamento delle differenze retributive che in molti casi raggiungerebbero cifre interessanti.
In attesa della pronuncia della Corte di Giustizia sulla questione posta dal Tribunale di Padova, il nostro consiglio è per il momento quello inviare una lettera al Ministero dell’Istruzione e del Merito al fine di interrompere i termini di prescrizione.
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