Tra gli obiettivi dell’Unione europea c’è quello di far sì che il 45% dei bambini frequenti servizi educativi di qualità entro il 2030: l’Italia è lontana da questo obiettivo con solo il 28%, il Centro-Italia e il Nordest in media hanno una copertura dei posti superiore al 33% dei bambini residenti, il Nord-ovest è prossimo all’obiettivo (31,5%), ma il Sud e le Isole sono ancora lontani (16% circa).
In Italia, quindi, i posti disponibili negli asili nido bastano solo per il 28% dei bambini, e le rette sono alte, arrivano anche a circa un quinto del reddito familiare, lo dice l’inchiesta di AltroConsumo, svolta in 8 città italiane. (per saperne di più vedi https://www.altroconsumo.it/vita-privata-famiglia/mamme-e-bimbi/news/inchiesta-asili-nido).
Nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) l’Italia si impegna a realizzare 150 mila nuovi posti nei nidi, centomila in meno rispetto ai 250 mila che erano stati ipotizzati anche per ridurre il divario territoriale aumentando i posti al Sud.
Secondo il governo, la rimodulazione si è resa necessaria per i costi delle materie prime, cresciuti – di almeno il 50% rispetto alle stime del 2021. Dal governo assicurano che non sarà definanziato nessun intervento già aggiudicato e saranno mantenute le risorse già assegnate ai Comuni. L’obiettivo sarebbe di raggiungere il 33% di copertura entro il 2026.
L’inchiesta ha indagato sulle rette dei nidi privati e quelle dei nidi comunali di otto città. Sono stati coinvolti circa 1000 genitori, per comprendere come gestiscono la vista dei bambini e delle bambine nella fascia 6 mesi – 3 anni. Secondo gli intervistati lo Stato dovrebbe intervenire sui seguenti tre fronti:
La carenza di servizi per l’infanzia, rileva Altroconsumo, sono alla base del il calo demografico: sono alti infatti i numeri delle dimissioni convalidate dall’Ispettorato nazionale del lavoro perché presentate nei primi tre anni di vita del figlio e sono aumentate nel 2022 del 17,1% rispetto al 2021.
Le rette sono molto alte a Torino (503 euro mensili), Milano (502 euro) e Firenze (475 euro), mentre a Napoli, Roma e Palermo le meno care (rispettivamente 290, 298 e 300 euro mensili). Nei nidi privati, dove gli orari sono più flessibili, la retta media è di circa 640 euro e a Milano arriva oltre gli 800.
Oltre le rette l’altro problema segnalato nell’indagine di Altroconsumo è quello della flessibilità: i genitori segnalano orari incompatibili con le attività lavorative, infatti, nella maggior parte delle città, il bambino può essere portato al nido alle 8 (solo Roma e Torino aprono alle 7) e ripreso alle 17 o 17.30, in poche si spingono fino alle 18 e oltre (Bologna, Milano e Genova).
Quanto costa un nido privato per chi non è riuscito a entrare nel nido comunale? In otto città Altroconsumo ha contattato 285 nidi privati accreditati o autorizzati dal Comune, chiedendo l’ammontare della tariffa mensile e le cifre parlano da sole: 640 euro il costo medio per il full time e 532 per l’orario ridotto. Milano è la città più cara (812 euro costo medio mensile), costa il 24% in più rispetto alla media, seguita a ruota da Firenze (717 euro).
Da segnalare il caso positivo di Bologna (costo medio 582 euro mensili) dove il Comune contribuisce al pagamento della retta del nido privatocon una quota mensile che varia e va da 250 euro a un massimo di 730 euro.
Il servizio dei nidi a luglio e agosto è importante per i genitori che lavorano se non ci sono i nonni a cui affidare i figli o abbastanza ferie; a luglio solo il 2% dei nidi chiude del tutto, il 12% per qualche settimana, l’86% rimane aperto. Invece, ad agosto il 93% dei nidi chiude.
Il governo ha messo in campo una serie di aiuti per le famiglie con figli a carico, con il bonus asili nido e il bonus mamme lavoratrici, da gennaio 2024 è anche aumentato del 5,4% circa l’importo dell’assegno unico universale, destinato a tutte le famiglie con figli a carico dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni.
Oltre ai bonus, è stato introdotto anche un mese in più di congedo parentale retribuito all’80%, utilizzabile fino al sesto anno di età del figlio.
Nella realtà, come conferma l’indagine di Altroconsumo, sono i nonni e le nonne la risorsa al momento più utilizzata per la cura della prima infanzia in Italia.
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