Con una tempistica a dire il vero inaspettata, è stata fissata per il prossimo 23 giugno l’udienza pubblica innanzi alla Corte costituzionale, per la discussione della questione di legittimità costituzionale sollevata in merito alla valutabilità dei servizi di insegnamento prestati nelle scuole paritarie, sia ai fini della mobilità che della ricostruzione di carriera.
L’orientamento della giurisprudenza di merito
A fronte di un orientamento inizialmente non univoco in merito alla valutabilità di detti servizi, alcuni tribunali e corti d’appello erano favorevoli ed altrettanti contrati, dopo il netto intervento della Corte di Cassazione (con le sentenze n. 32386 e n. 33137 del 2019, e l’ordinanza n.25226 del 2020), la giurisprudenza sembrava ormai essersi quasi del tutto adeguata alla posizione dei giudici di piazza Cavour.
La posizione della Cassazione
Secondo la Corte di Cassazione infatti, sia ai fini dell’inquadramento e del trattamento economico dei docenti, sia ai fini delle operazioni di mobilità, “non è riconoscibile il servizio preruolo prestato presso le scuole paritarie in ragione della non omogeneità dello “status” giuridico del personale, che giustifica il differente trattamento, nonché della mancanza di una norma di legge che consenta tale riconoscimento, contrariamente a quanto avviene ai fini della costituzione del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato per il servizio prestato nelle scuole pareggiate oltre che in quelle materne statali e comunali”.
Tuttavia, a distanza di un anno dalle predette pronunce della Cassazione, la Corte d’Appello di Roma (con ordinanza del 9 novembre 2020) è andata in controtendenza.
I dubbi di costituzionalità sollevati dalla Corte romana
La Corte di Appello di Roma – in totale dissenso con le conclusioni della Cassazione – ha infatti affermato che il riconoscimento dovrebbe essere ammesso per i servizi prestati dal 05/02/2006 (data di entrata in vigore del D.L. n. 250/2005, con cui il legislatore ha inteso abrogare le originarie fattispecie di scuole “legalmente riconosciute” e “pareggiate” ed ha previsto che le scuole non statali siano soltanto quelle “paritarie” o “non paritarie”), oltre che presso le scuole pubbliche statali anche presso le scuole di istruzione secondaria “paritarie”.
In caso contrario, ossia negando validità ai servizi prestati presso le paritarie, si verificherebbe un’interpretazione abrogatrice di quella parte dell’art. 485 del D.Lvo 297/94 che si riferisce alle scuole pareggiate, “ormai non più giuridicamente esistenti con tale qualificazione”, con l’irragionevole conseguenza che il riconoscimento del servizio di docenza non di ruolo resterebbe limitato a quello prestato presso scuole statali.
Peraltro, secondo la Corte d’appello, sarebbe palesemente contraddittorio ed irragionevole ammettere da un lato che il servizio nella scuola paritaria possa agevolare l’assunzione nella scuola statale e negare dall’altro lato che il servizio nella scuola paritaria rilevi ai fini della ricostruzione della carriera di un docente già assunto in ruolo, nel momento cioè in cui si deve dare rilevanza giuridica ed economica alla pregressa esperienza.
Sulla scorta di questi rilievi critici, è stata quindi rimessa alla Consulta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 485 d.lgs. n. 297/1994 per contrasto con l’art. 3 Cost., sulla quale il prossimo 23 giugno i Giudici costituzionali saranno chiamati a pronunciare l’ultima parola.