Save the Children ha lanciato un allarme in favore dei minori chiusi in isolamento sociale per circa sei mesi a causa dell’emergenza sanitaria (Sole 24 ore dell’11 maggio 2020).
I dati raccolti sono estremamente gravi: “un milione di genitori su 5 hanno maggiori difficoltà economiche in aggiunta all’1,2 milione già certificato; 4 milioni su dieci vivono in abitazioni sovraffollate, circa il 20% non possiedono computer mentre il 57% lo deve condividere con genitori e fratelli; uno su 7 ha perso il lavoro, 6 su dieci hanno una riduzione dello stipendio.
In questa drammatica situazione che si dovrebbe protrarre fino a settembre, il 45% delle famiglie vorrebbero “scuole aperte” per attività extrascolastiche: attività sportive e artistiche da svolgere in gruppo”.
In effetti non sono pochi coloro che si pongono domande insistenti in queste settimane di Fase 2 sul come farsi carico della grave povertà economica famiglie in cerchio vizioso con la povertà educativa: scuole, associazioni professionali , anche la Ministra hanno cominciato ad avanzare ipotesi, discutibili indubbiamente, ma che avrebbero più bisogno di proposte alternative, che di critiche deresponsabilizzate, rispetto alla sofferenza e all’abbandono che nel frattempo persiste e si prospetto insopportabili per famiglie e minori.
La Ministra all’Istruzione ha messo a disposizione i cortili delle scuole (probabilmente anche le aule nel caso di pioggia?), chiede di aprire nidi e centri estivi, il Sottosegretario Peppe De Cristofaro promette che per i più piccoli la ripartenza potrebbe essere anticipata; alcuni Comuni e Regioni si stanno impegnando per aprire nidi e scuole d’infanzia. Alcuni Paesi Europei hanno già aperto alcune le scuole, specie per i più piccoli.
In questa situazione quali sono gli ostacoli maggiori che impediscono in Italia di aprire le scuole, almeno nidi e scuola dell’infanzia, lasciando i minori ancor in isolamento fino a settembre?
Le precauzioni sanitarie che dovrebbero evitare i contagi, sembrano già in gran parte individuate e definite da organismi appositi sia in Italia che in Europa.
Per evitare l’assembramento tra gli allievi oltre ai doppi turni, i giorni alterni, l’utilizzo di locali vuoti di altri istituti e istituzioni, potrebbe essere presa in considerazione la volontarietà e il non obbligo della frequenza, lasciando ai genitori la valutazione dei bisogni e dei rischi, nonché l’offerta formativa della propria scuola o di altre realtà educative del territorio.
La riapertura potrebbe essere anticipata come forma sperimentale, anche per evitare a settembre di riaprire in modo improvvisato e generalizzato, ma con modalità comprovate e personale preparato. Per questo andrebbero valorizzate l’autonomia organizzativa e didattica del singolo istituto, disponibile a non abbandonare i minori e in grado di evitare in rischi improvvidi nella situazione specifica.
L’obiezione più consistente alla riapertura anticipata sembra essere quella del tipo di attività da realizzare. Le famiglie chiedono scuole aperte per attività sportive, artistiche e ricreative, mentre i docenti sembrano obiettare che la loro professionalità si limita allo svolgimento delle discipline scolastiche tradizionali. Eppure da decenni la normativa riguardante le scuole aperte prevede che oltre alle attività “ordinamentali” si possano svolgere attività di “potenziamento e di arricchimento” a cui può essere dedicato “parzialmente o integralmente” l’orario di insegnamento dei docenti (art 24,28 del Contratto di lavoro 2018).
Lo svolgimento di attività di potenziamento dell’offerta formativa può comprendere “attività di valorizzazione e potenziamento delle competenze linguistiche, delle competenze matematico-logiche e scientifiche; nella pratica e nella cultura musicali, nell’arte e nel cinema, anche mediante il coinvolgimento dei musei e degli altri istituti pubblici e privati operanti in tali settori; sviluppo delle competenze in materia di cittadinanza attiva e democratica attraverso la valorizzazione dell’educazione interculturale e alla pace, sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici, del patrimonio e delle attività culturali; potenziamento delle discipline motorie e sviluppo di comportamenti ispirati a uno stile di vita sano, con particolare riferimento all’alimentazione, all’educazione fisica e allo sport, sviluppo delle competenze digitali degli studenti, delle metodologie laboratoriali e delle attività di laboratorio; potenziamento dell’inclusione scolastica e del diritto allo studio degli alunni con bisogni educativi speciali attraverso percorsi individualizzati e personalizzati anche con il supporto e la collaborazione dei servizi socio-sanitari ed educativi del territorio e delle associazioni di settore, valorizzazione della scuola intesa come comunità attiva, aperta al territorio e in grado di sviluppare e aumentare l’interazione con le famiglie e con la comunità locale, comprese le organizzazioni del terzo settore e le imprese; apertura pomeridiana delle scuole e riduzione del numero di alunni e di studenti per classe o per articolazioni di gruppi di classi, anche con potenziamento del tempo scolastico o rimodulazione del monte orario …(art 1,comma 7 della legge 107 – 2015).
Se è vero che fino al 44% dei genitori sono preoccupati di non poter tornare al lavoro o cercarne uno perché i figli non vanno a scuola e non saprebbero a chi lasciarli, è urgente che la scuola intera e il Governo non possano più attendere oltre dall’iniziare a dare risposte immediate e concrete che possano almeno alleviare isolamento, emarginazione e grave danno educativo che incombe sui minori e sul futuro di tutti.
Giuseppe Richiedei
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