Riflessioni interessanti vengono in mente quando si ragiona di scuola, di relazioni, di sessualità nella prospettiva delle nuove generazioni. Per prima cosa un valore importante, quello delle classi che mescolano i generi e che in questo rendono esperienza quotidiana di ciascuno i passaggi di crescita. In questo sicuramente si definiscono ruoli e rapporti con il mondo. Quando le famiglie riunivano assieme due o tre figli i passaggi erano ovvi, erano quelli normali della crescita; oggi è la scuola il luogo per venire a sapere e mettere in relazione le diverse modalità della crescita di femmine e maschi.
Un tema importante è quello di come avvengono gli apprendimenti. Maschi e femmine apprendono attraverso quello che è a tutti gli effetti un atto di amore: la scuola è il luogo fisico di questo riconoscersi nel pensiero altrui, sia quello dell’insegnante, ma anche dei compagni ed anche quello contenuto nei libri. L’informatica nella scuola serve, ovviamente, e sarebbe un delitto lasciarla fuori (oltre che praticamente impossibile). Ma se il suo portato è un eccesso quantitativo occorre che siano gli insegnanti a fare una scelta, e più avanti magari a insegnare le modalità con le quali si sceglie. Perché gli alunni devono fidarsi di te insegnante? Esiste forse una scelta migliore della tua? Da qui nasce una complicità, fondata sulla fiducia.
Scopriamo la parola “nuvola”, stabiliamo una priorità delle risposte, l’appartenenza ad un campo o ad un altro, parleremo di meteorologia o di pittura, o di viaggi aerei… cosa prima o cosa dopo. Il tutto per una parola che non determina schieramenti o contrapposizione.
Perfino per una parola così serve un criterio. Figurarsi se la parola fosse “Dio”, “amore”, “diritto“, “guerra”. Il criterio è definito inevitabilmente dall’adulto, almeno fino ad una certa età; ma se un bambino/a o ragazzo propone un criterio diverso si può riflettere assieme e magari aprire una ricerca che porta da un’altra parte.
Può esistere una generazione spontanea? Può, certo, ma impone un metodo condiviso. E quel metodo condiviso diventa patrimonio del gruppo classe e così via.
Serve tanto tempo (in ore, come il tempo pieno della scuola primaria), ma anche come apertura nei periodi di vacanza. E bisogna anche trovare il tempo di giocare a calcio o di ballare. Servono tante ore di scuola, e serve una scuola che invogli a restare dentro molte ore: isole pedonali intorno, giardino alberato, aule ben aerate, arredo modulare e piacevole, musica, ginnastica e sport, libri da leggere, mensa gustosa, insonorizzata e lontana dai rumori…
Lorenzo Picunio