Il primo pericolo, nel documento pubblicato da alcune associazioni, è quello di contestare l’emanazione definitiva del regolamento sul sistema nazionale di valutazione. Regolamento che ha il grosso pregio, dice Sestio, di rappresentare uno storico compromesso tra fautori dell’autovalutazione e fautori della valutazione esterna delle scuole, tra chi pensava si debbano guardare solo gli esiti formativi e chi pensava che alle scuole si debba chiedere di dar conto solo dei processi posti in essere.
Il dibattito dunque si baserebbe solo su contrapposizioni preconcette e ideologiche che hanno bloccato e continuano a bloccare la scuola.
Il secondo rischio è che dal principio dei limiti della valutazione e dalla corretta sottolineatura delle diversità tra i suoi vari aspetti, discenda il rigetto dei passi in avanti che anche con l’uso di quelle rilevazioni si stanno già facendo.
L’obiettivo dell’Invalsi, sostiene Sestio, è quello di poter dire a tutte le scuole, indipendentemente quindi dalle condizioni di favore o di sfavore in cui operano, quanto possano ritenersi soddisfatte, restituendo alle scuole informazioni non solo sul livello degli apprendimenti dei propri alunni, ma anche sul confronto con quelli di scuole con alunni dal background familiare simile.
In futuro l’Invalsi progetta di utilizzare quelle stime anche per identificare le scuole “problematiche” e che raggiungono risultati , in termini di apprendimenti, particolarmente insoddisfacenti. È a questo scopo che si chiedono informazioni sul background familiare degli alunni, non certo per schedare i bambini.
Il fine non è perciò “premiare” (le altre), ma meglio aiutare chi è in difficoltà.
Non basta guardare, dal centro, agli apprendimenti degli alunni o a questo o quell’indicatore: servono risorse e servono riflessioni aggiuntive, innanzitutto all’interno della singola scuola, sul cosa concretamente fare in quella specifica situazione.
Il fine non è di fare graduatorie, ma di porre l’enfasi sulla restituzione alle scuole delle informazioni sugli apprendimenti per innescare in ciascuna scuola la riflessione su se stessi.
Nonostante le risorse limitate, da quest’anno, continua il presidente dell’Invalsi, si sono restituiti dati che in media son più veritieri, hanno maggiori dettagli, sottolineano gli aspetti di equità interna alla singola scuola e coinvolgono potenzialmente un maggior numero di soggetti, tra cui anche il presidente del consiglio d’istituto, ovverosia un genitore.
Dal prossimo anno scolastico si cercherà di dare informazioni alle scuole sul punto di partenza dei propri alunni. Soprattutto, si cercherà di sostenere l’uso delle rilevazioni Invalsi a fini di ricerca didattica.
A partire dall’anno scolastico 2013-14 l’Invalsi ha in animo di seguire questo approccio in alcuni gradi scolastici non coperti dalle attuali rilevazioni universali e per alcuni altri ambiti disciplinari, in primis le scienze naturali e l’inglese, testando anche l’uso del computer come mezzo tecnico.
Un inciso specifico riguarda l’uso delle prove Invalsi all’interno dell’esame conclusivo del I ciclo, le quali possono garantire una maggiore omogeneità nelle valutazioni degli alunni ed evitare derive quali quelle di cui ogni anno puntualmente si discute in occasione degli esami di maturità.
E per quanto riguarda gli esami di maturità l’Invalsi intende chiarire in modo trasparente modalità e contenuti della prova.
Per l’anno scolastico in corso, ci si limiterà a un’attività di pre-test in un campione di classi. Per le scuole non campionate che vogliano aderire all’iniziativa c’è comunque la possibilità di sperimentarne un sottoinsieme. Prima, però, verrà pubblicato il quadro di riferimento che sottosta alle prove medesime.
Quanto ai contenuti, la prova è circoscritta alla rilevazione delle competenze degli studenti negli ambiti della comprensione della lettura e della matematica e non contiene elementi di differenziazione tra i diversi indirizzi di studio.
Sulla base dei risultati ottenuti, si provvederà poi a condurre una prima prova su base universale nell’anno scolastico 2013-14, quando si sperimenterà, in un campione di scuole, anche la conduzione della prova tramite computer.
Già a partire dall’anno scolastico 2013-14 l’Invalsi immagina di testare elementi di differenziazione tra i diversi indirizzi di studio e una graduale estensione ad altri settori disciplinari.
In prospettiva, l’Invalsi immagina di poter definire prove standardizzate che coprano tre ambiti disciplinari di base, con elementi di differenziazione tra indirizzi di studio, per italiano, matematica e inglese. Al singolo studente sarebbe data anche la possibilità di mettersi alla prova all’interno d’una rosa di altre discipline specialistiche. Tutte le prove verrebbero svolte su computer, con selezione delle singole domande da una più ampia banca di quesiti.
Tale struttura di prove potrebbe dare elementi valutativi ricomprendibili all’interno dell’esame di Stato conclusivo del II ciclo e fornire indicazioni per l’orientamento nei successivi studi universitari. Anche per questo motivo, le prove verrebbero utilmente collocate già nella prima metà dell’anno scolastico e non al suo termine. Un loro eventuale utilizzo all’interno dell’esame di Stato, che comunque dovrebbe passare per un intervento di riforma che non spetta all’Invalsi, sarebbe perciò fattibile solo a partire dall’anno scolastico 2014-15, che è l’anno di entrata a pieno regime della riforma del II ciclo.
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